Evasione fiscale » Il fisco riesce ad intascare solo un decimo dai disonesti

Evasione fiscale » Il fisco riesce ad intascare solo un decimo dai disonesti

Evasione fiscale: in Italia è più facile riportare a casa i soldi dall'estero che recuperare quelli sottratti dagli evasori in patria.

Di questi tempi, si sa, tutta l’attenzione è concentrata sulla nuova legge per recuperare i capitali nascosti in Svizzera. Perciò, appare quanto meno bizzarro che non si sia ancora trovato un modo per incassare quelli che il fisco ha già scovato in Italia, con tanto di nomi e cognomi degli evasori.

Parliamo di un tesoro da oltre 400 miliardi, il quale rimane nelle tasche di chi ha evaso, registrato sotto la definizione di accertato non riscosso.

In parole povere, si tratta dell'evasione fiscale scoperta, ed accertata, dall'Agenzia delle Entrate, che a sua volta, anno dopo anno, passa le pratiche a Equitalia per la riscossione. Ed è proprio in questo passaggio che qualcosa si inceppa.

Negli ultimi 12 anni Equitalia, e i privati che l’hanno preceduta fino al 2006, sono stati incaricati di riscuotere crediti per 595 miliardi, ma ne hanno effettivamente portati in cassa solo 51,5.

Circa due terzi di questa montagna di crediti è rappresentato dall'evasione fiscale accertata e dalle sanzioni comminate dallìAgenzia delle Entrate.

Per capire che fine ha fatto, basta seguire i dati sulle riscossioni complessive realizzate, i quali riguardano anche i crediti degli enti previdenziali e dei comuni.

I dati sull'evasione fiscale

Nel lontano 2000, ad esempio, i crediti affidati ammontavano a 39,5 miliardi: di questi, tra il 2000 e il 2005 sono stati portati a casa 6,3 miliardi, mentre un altro miliardo e 800 milioni sono rientrati a spizzichi e bocconi tra il 2006 e il 2012.

Praticamente, di quei quasi 40 miliardi in dodici anni ne sono stati recuperati appena 8.

Ma vediamo come è andata successivamente. Nel 2001 era le cifre erano inferiori: solo 21 miliardi, ma le cose non sono andate meglio. Nei primi cinque anni si sono riscossi in tutto 3,2 miliardi, nei successivi sei anni altri 1,2. In tutto 4 miliardi e mezzo, sui 21 totali.

Arriviamo fino al 2006, anno in cui il carico di crediti da recuperare sale a ben 51 miliardi e 760 milioni.

Di questi, sono rientrati solo 8 miliardi e 360 milioni. E Gli altri? Chi lo sa.

Non è finita: nel 2009 si tocca quota 60 miliardi, ma alla data del 2012 ne erano stati riscossi soltanto 6.

In sostanza, più aumenta la capacità del fisco di individuare l'evasione fiscale, meno si riesce a farsi restituire le somme dovute.

Nel triennio 2010-2012, infatti, si registrano ben 219 miliardi di crediti affidati, dato che l’Agenzia delle Entrate fa i record quanto ad accertamenti. E quelli incassati? Appena 17 miliardi.

La lotta all'evasione fiscale negli anni a venire

Nei prossimi anni altre somme entreranno in cassa: il debito con l’amministrazione di fatto non scade mai, per tenerlo sempre acceso basta una letterina, che il fisco puntualmente invia, con cui si ricorda al debitore che è tale.

Ma ciò non basta per riportare i soldi in cassa, anche perché più passa il tempo e più si allontana la possibilità concreta di farsi pagare.

A parere della Corte dei conti, con l’attuale trend nel giro dei prossimi 6 anni la montagna dell'evasione fiscale non riscossa è destinata a raddoppiare rispetto a oggi.

Questo, purtroppo, significa che attorno all'anno 2020 il tetto potrebbe raggiungere la notevole vetta di 800 miliardi: un tesoro teoricamente dello Stato ma, appunto, solo teoricamente.

Le ragioni dell'inefficacia nel recupero dell'evasione fiscale

Ma come è possibile che una somma pari a un intero anno di spesa pubblica semplicemente si volatilizzi? Le ragioni sono diverse: la prima sta nei tempi lunghi del fisco.

Se nel 2000 mi chiedono conto delle tasse che non ho pagato nel 1995, è facile che in cinque anni quei soldi siano spariti.

Spesi, nascosti all'estero, intestati a parenti o amici: comunque non più rintracciabili. Inoltre, se è vero che il grosso dei crediti è in capo ad appena 100 mila nominativi, è anche vero che circa 100 miliardi di non riscosso riguarda società fallite.

Se fallite veramente, o fatte fallire per favorire l'evasione fiscale, è impossibile dirlo. E' molto facile aprire una società, farla vivere il tempo che occorre per trasferire risorse altrove, e poi farla sparire.

Ma, in tutto questo, c’è anche il rovescio della medaglia. Se Equitalia mette le mani su una società onesta, che realmente non ha di che pagare il debito con lo Stato, non resta che il fallimento e il risultato sarà identico: in tasca al fisco non arriverà niente.

Inoltre, le variazioni normative degli ultimi anni hanno indebolito il braccio armato del Fisco: Equitalia, al di là delle note polemiche, oggi ha assai meno strumenti di pressione per farsi valere.

Un ammorbidimento’ studiato, in teoria, per venire incontro a chi, a causa della crisi, non ce la fa a pagare. Ma chi veramente usufruisce di questa mano morbida è tutt'altro che in buonafede.

Le soluzioni per combattere l'evasione fiscale in modo efficace

Come fare, quindi, per venirne a capo? Un suggerimento che viene dai tecnici del settore è quello di iniziare ad applicare il reato di sottrazione fraudolenta: in questo modo il debitore che nasconde i beni al fisco non rischierebbe solo l’accusa di evasione fiscale, ma pene assai più gravi.

L'effetto collaterale, però, è che si intaserebbero i tribunali. Oppure, soluzione ancor più fantasiosa, lo Stato potrebbe costituire una sorta di bad bank con i crediti non riscossi, e cederne le quote a società di recupero private.

Una recente ricerca sostiene che se la pratica fosse affidata ad aziende specializzate nella riscossione dei tributi locali, la Pubblica amministrazione riuscirebbe a ottenere almeno il 35% dei crediti.

Gli affezionati dell'evasione fiscale, in questo caso, si troverebbero alla porta agguerrite società ben decise a riscuotere, anche ricorrendo a sistemi non esattamente da gentleman. E

chissà, probabilmente rimpiangerebbero Equitalia.

10 Marzo 2014 · Patrizio Oliva


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