Evasione fiscale causa crisi » Imprenditore assolto per la seconda volta

Costretto dalla crisi all'evasione fiscale, poi fallisce

Costretto dalla crisi all'evasione fiscale, poi fallisce: assolto imprenditore per la seconda volta.

Non ha evaso l'Iva volontariamente ma perché costretto dalla situazione di crisi: con questa motivazione il Tribunale di Brindisi ha assolto per la seconda volta in pochi mesi un imprenditore metalmeccanico di Brindisi che, a fronte di commesse e lavori già eseguiti, in assenza di liquidità, non aveva pagato l'Iva per alcune centinaia di migliaia di euro proprio in relazione ai mancati incassi.

Per quei lavori infatti, le fatture erano state regolarmente emesse dall'azienda che però non aveva ancora incassato i compensi.

Evasione fiscale e crisi: la vicenda

Evasione fiscale? Se è colpa della crisi e dei ritardati pagamenti da parte dei committenti, non è reato.

Lo ha stabilito di recente, con due sentenze, riguardanti sempre lo stesso imprenditore, il Tribunale di Brindisi che ha assolto un imputato, legale rappresentante di una azienda del territorio, poi fallita, condividendo l’impostazione difensiva secondo la quale lo stesso non si era sottratto volontariamente al pagamento delle tasse, ma vi era stato costretto a causa della situazione di difficoltà finanziaria in cui la società si era trovata.

Era accusato di non aver versato l’Iva dovuta, ma l’uomo, che opera nel settore metalmeccanico, è riuscito a dimostrare che, a fronte di commesse e lavori già eseguiti, non aveva pagato l’Iva perché non aveva mai riscosso i crediti che vantava.

Per quei lavori eseguiti, anche per conto della pubblica amministrazione, non aveva mai ricevuto il pagamento. Le fatture, però, erano state regolarmente emesse dall'azienda.

Inoltre i ritardi nel riscuotere i crediti vantati lo avrebbero costretto a chiedere il fallimento della propria azienda al Tribunale civile di Brindisi.

Il tribunale, dopo una attenta verifica della documentazione prodotta dalla difesa sostenuta dagli avvocati, ha accertato che la situazione finanziaria della società, legata anche alla particolare congiuntura del mercato, in uno con l’ormai nota crisi di liquidità che ha colpito le aziende nell'ultimo decennio, ha ritenuto scusabile il comportamento dell'imprenditore non essendo una scelta volontaria dell'imprenditore quella di sottrarre risorse economiche al Fisco, ma una necessità’imposta dalla particolare situazione contingente.

Così come nel caso degli omessi versamenti contributivi, per i quali vi sono state di recente sentenze dello stesso genere, che hanno riconosciuto in sostanza l’impossibilità di pagare di datori di lavoro, anche in materia di Iva si tratta di una decisione importante, destinata probabilmente a fare da apripista.

Un caso scuola, che sancisce anche per il Tribunale di Brindisi, un orientamento meno rigido, tenuto conto della recessione e delle problematiche di natura economico-finanziaria che coinvolgono l’impresa ad ogni livello.

Manca nel caso specifico il cosiddetto elemento psicologico del reato, cioè la volontà specifica di compierlo con il proprio comportamento.

Cause di forza maggiore, dunque, per l’imprenditore di Brindisi che è stato assolto, due volte, e probabilmente per molte altre persone come lui che, loro malgrado, superando la quota evasa i limiti di legge che rendono il mancato versamento una condotta penalmente rilevante, si sono ritrovati in un’aula di tribunale, al banco degli imputati.

19 Febbraio 2014 · Patrizio Oliva


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