Donazione indiretta di un immobile » Per dimostrare che il bene ricevuto è escluso dalla comunione legale non basta un atto notarile

In caso di donazione indiretta di un immobile, per dimostrare che il bene donato sia escluso dalla comunione legale, non basta la dichiarazione contenuta nell'atto notarile, ma è necessaria una prova più consistente.

In caso di donazione indiretta di un immobile, per verificare se tale bene rientri o meno nella comunione legale, l’attestazione del notaio, dell’avvenuto pagamento del corrispettivo dell’immobile con denaro donato dal padre alla figlia, non può considerarsi sufficiente, trattandosi di una mera presa d’atto della dichiarazione resa al riguardo delle parti.

Secondo normativa vigente, l’atto pubblico forma piena prova solo della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, delle dichiarazioni rese dalle parti o dei fatti che agli attesti avvenuti in sua presenza, ma non è piena prova della veridicità intrinseca delle predette dichiarazioni.

Questo, in sintesi, l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza 21494/14.

Per ben comprendere gli aspetti di questa importante pronuncia facciamo qualche passo indietro.

Innanzitutto, infatti, è fondamentale chiarire cosa si intende per donazione indiretta: la stessa sussiste quando il donante non cede il bene, ma il denaro affinché il donatario acquisti, da sé, il bene.

Possiamo dire che tra gli esempi più comuni vi è quello della donazione indiretta di un bene immobile ad un familiare, ovvero un padre che acquista un’abitazione, intestandola al proprio figlio, con il proprio denaro.

Sottolineiamo, poi, un altro aspetto: i beni ricevuti, durante il matrimonio, in donazione da terzi non ricadono nella comunione legale: dunque, restano di proprietà esclusiva del donatario e non vanno divisi al 50% col coniuge.

Ma che accade, appunto, nella fattispecie di una donazione indiretta?

Ed ecco che intervengono i giudici di piazza Cavour.

A parere degli Ermellini, in caso di donazione indiretta di un immobile, per verificare se tale bene rientri o meno nella comunione legale dei coniugi, bisogna dare la dimostrazione del fatto che l’acquisto è avvenuto con denaro donato.

Praticamente, è necessario provare che si tratti di donazione indiretta.

Ma, per far ciò, non è sufficiente l’attestazione del notaio dell’avvenuto pagamento del corrispettivo dell’immobile con denaro donato dal padre al figlio.

Ciò che afferma il notaio, infatti, non può essere considerato una valida e sufficiente prova e perchè il professionista non fa altro che prendere atto delle dichiarazioni a lui rese dalle parti comparse innanzi a lui.

Il problema nasce dal fatto che, secondo il nostro ordinamento giuridico, l’atto pubblico del notaio forma piena prova solo della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, delle dichiarazioni rese dalle parti o dei fatti che egli attesti avvenuti in sua presenza, ma non è piena prova della verità intrinseca delle predette dichiarazioni.

Così, la Suprema Corte spiega che la donazione di una somma di denaro per acquistare un immobile è una liberalità qualificabile come donazione indiretta. Da ciò ne conviene che, qualora il donatario risulti coniugato in regime di comunione legale, il bene non rientra nella comunione legale, a condizione che vi sia la dimostrazione del collegamento tra l’acquisto e la donazione del denaro.

Ed ecco il nodo: la prova della liberalità, però, non è fornita dalla dichiarazione della parte, anche se riferita al notaio e da questi riportata in un atto pubblico.

Dunque, l’unica prova sicura e certa per rivendicare come proprio un bene ricevuto in donazione, e non quindi rientrante nella comunione legale dei beni, potrà essere la sola tracciabilità del pagamento, dalla quale si evinca che il prezzo del bene è stato pagato dal donante e non dal donatario.

14 Ottobre 2014 · Andrea Ricciardi




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