La ristrutturazione eventuale del debito, con la dilatazione del periodo di ammortamento e la conseguente riduzione dell’importo rateale da rimborsare, non è un diritto acquisito per il debitore ed è subordinato all’assenso del creditore.
Il giudice, d’altra parte, a fronte di motivata istanza del debitore può non concedere al creditore la quota massima di pignoramento dello stipendio (20%).
Il problema è che fra l’azione esecutiva di pignoramento dello stipendio – con i suoi caratteristici tempi biblici di rientro dall’esposizione debitoria, specie a fronte di importi rilevanti – ed il pignoramento di un immobile, con successiva espropriazione, il creditore propende, naturalmente, per la seconda soluzione.
E, per nostra disgrazia, è il creditore a decidere a che tipo di riscossione coattiva affidare la possibilità di rientrare del suo.
D’altra parte lei ha già individuato la soluzione per uscire dalla situazione di stallo in cui versa: disfarsi dei “gioielli di famiglia”. Capisco la situazione particolare del mercato immobiliare e la ritrosia a vendere a valori d’affezione.
Ma si renda conto che in caso di vendita all’asta i valori di alienazione giudiziale potrebbero essere ancora inferiori, e di molto. Tenendo conto anche delle spese che vengono accollate al debitore con la vendita coattiva del bene, lei rischierebbe, nel medio termine, di vivere la paradossale situazione di aver perso comunque la casa e di ritrovarsi con un debito quasi uguale a quello attuale.
2 Giugno 2012 · Genny Manfredi