Va preliminarmente osservato che il prelievo da un conto corrente cointestato a firma disgiunta, realizzato mediante un’unica operazione, sostanzialmente azzerando le disponibilità del conto, condotta dal cointestatario che non ha mai operato su di esso, può configurare la responsabilità della banca nei confronti dell’altro cointestatario e quindi si tratta di un’operazione che potrebbe andare incontro a difficoltà di realizzazione (ABF decisione 4334/2013).
In pratica, se le somme presenti sul conto corrente a firma disgiunta sono oggetto di conferimenti effettuati esclusivamente dal solo cointestatario A e se quest’ultimo ha operato sempre in via esclusiva sul conto corrente cointestato, nel momento in cui l’altro cointestatario B svuota il conto corrente accreditando la somma prelevata su un altro rapporto a lui esclusivamente riconducibile, la banca è tenuta a coinvolgere l’altro cointestatario A.
In ogni caso, anche a fronte di prelievi continui da parte del cointestatario non debitore, al quale non potessero essere in alcun modo correlati gli accrediti in conto corrente e che conducessero all’azzeramento dell’intera disponibilità, il creditore del cointestatario debitore avrebbe qualche problema a contrastare una simile operazione, non trattandosi di esplicito atto dispositivo del cointestatario debitore.
Per ottenere la restituzione di quanto prelevato dal cointestatario non debitore, il creditore dovrebbe dimostrare la sussistenza di una donazione indiretta effettuata dal cointestatario debitore e chiedere al giudice la revoca dell’atto dispositivo: il che, anche se non impossibile, non rappresenta tuttavia un’azione giudiziale di agevole ed immediata implementazione.
12 Novembre 2016 · Patrizio Oliva