Come contestare un accertamento fiscale su presunte plusvalenze realizzate con la vendita di un terreno?






Nel 2008 ho venduto un terreno edificabile 2 anni dopo l’agenzia delle entrate mi ha inviato un accertamento la cosa è andata avanti fino al 2 grado di giudizio che ha dato ragione all’agenzia delle entrate. dal 2013 sto pagando a equitalia la differenze su quello che avrei dovuto pagare. ora vorrei sapere le plusvalenze da me non inserire sull’Unico (per mia ignoranza) sono da considerare prescritte o avrò anche questa bella rogna da pagare.

Come è noto, chi vende un terreno deve dichiarare al fisco la plusvalenza che realizza, ovvero il guadagno conseguito, inteso come la differenza tra il prezzo (rivalutato) al quale aveva acquistato il bene e quello al quale lo ha venduto.

Tuttavia, i criteri di rivalutazione del prezzo d’acquisto non sono univoci e, come spesso avviene in ambito tributario, sussistono ampi margini di interpretazione: ne discende che la plusvalenza realizzata dal contribuente non è un dato propriamente oggettivo.

Sulla plusvalenza realizzata, il venditore deve poi pagare l’IRPEF in base allo scaglione in cui si colloca il proprio reddito (il calcolo dell’imposta complessiva dovuta viene, appunto, effettuato in sede di dichiarazione dei redditi).

L’Agenzia delle Entrate, con l’accertamento fiscale, procede ad una propria stima della plusvalenza realizzata dal venditore, e, in base al reddito (da lavoro, da locazione, eccetera) percepito dal venditore nell’anno in cui avviene il trasferimento di proprietà, chiede al contribuente di procedere al versamento della maggiore imposta accertata e delle sanzioni.

Naturalmente, il contribuente può non essere d’accordo con la stima effettuata dall’Agenzia delle Entrate (AdE) ed, allora, denuncia nell’Unico quella che, a suo parere, ritiene essere la stima effettivamente realizzata con la vendita ed instaura un contenzioso giudiziale per la maggiore imposta (con relative sanzioni) accertata dall’amministrazione tributaria: la legge prevede, comunque, che il contribuente, anche se intraprende la via giudiziale, debba anticipare all’erario una parte della pretesa tributaria, indipendentemente dall’esito del giudizio. I versamenti in acconto vengono cadenzati durante le varie fasi del processo tributario ed eventualmente restituiti al contribuente litigioso qualora i giudici tributari gli dessero ragione.

Lei, adesso, sta pagando ad AdE ad Equitalia questi acconti sull’imposta presunta: una volta passata in giudicato la sentenza che le dà torto avrebbe dovuto corrispondere all’Agenzia delle Entrate solo la differenza fra l’imposta determinata in base alla plusvalenza da lei dichiarata e la maggiore imposta accertata dall’AdE sulla base della plusvalenza presunta, detratti, naturalmente, le somme già anticipate.

Se, invece, lei, come riferisce, non ha dichiarato in Unico 2009 nemmeno la plusvalenza che, nel corso del giudizio, ha ammesso di aver realizzato (evadendo la relativa IRPEF che avrebbe dovuto versare), allora sicuramente andrà incontro ad ulteriori problemi con il fisco. In tale eventualità, va ricordato che durante il contenzioso giudiziale i termini di decadenza e prescrizione (sull’intero reddito percepito nel periodo di imposta) restano sospesi e riprendono a decorrere appena la sentenza passa in giudicato.

14 Dicembre 2016 · Tullio Solinas


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