Pignoramento presso il mio datore di lavoro – Cosa fare se vengo citato a comparire in udienza ma sono ormai disoccupato?


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Premetto che sono nullatenente e disoccupata in regime Naspi, percepisco circa 650 euro mensili a scalare mensilmente del 3% e vi pongo un quesito: oggi 11 gennaio 2017 l’ufficiale giudiziario mi ha notificato un atto di pignoramento verso terzi per un finanziamento di 19000 euro, fatto nel Luglio 2012 e mai rimborsato.

Nell’atto di pignoramento veniamo citati io, e indicato come terzi il mio ex datore di lavoro. Quindi danno per scontato che io lavori ancora presso di lui giusto?

Nell’atto mi si dice che dovrei presentarmi in udienza per il giorno 17 gennaio a far cosa? Se non mi presento cosa succede? Il mio sussidio di disoccupazione mi viene versato dall’Inps su una carta prepagata bancaria.

Quando i famelici legali si accorgeranno che sono disoccupata, nel caso in cui vorrebbero pignorarmi il sussidio o eventuali beni mobili,dovranno notificarmi un ulteriore atto di pignoramento?La banca presso la quale ho attivato la carta prepagata è tenuta a comunicarmi un eventuale pignoramento?

Evidentemente, l’azione esecutiva del creditore (tecnicamente supportata da qualche azzeccagarbugli reclutato alla bisogna) è stata basata su un report informativo di un’altra categoria di cantastorie che, ponendosi al servizio delle società di recupero crediti, offre investigazioni economico-patrimoniali sul debitore con costi differenziati a seconda del livello di approfondimento profuso nell’indagine: presumiamo che il malcapitato creditore, di cui ci stiamo occupiamo, abbia optato per acquistare informazioni a basso costo sul debitore, il che è testimoniato dal fatto di aver ottenuto fischi per fiaschi.

La citazione di cui all’articolo 547 del codice di procedura civile deve essere intesa come un invito rivolto al terzo pignorato e al debitore esecutato (la nostra lettrice) di comparire davanti al giudice del luogo di residenza del terzo affinché quest’ultimo riferisca se e quali somme egli deve al debitore esecutato. L’invito rivolto al debitore esecutato è dunque solo una forma di garanzia nei suoi confronti.

Una volta che l’inghippo sarà sciolto nell’udienza del 17 gennaio p.v. probabilmente grazie all’intervento del terzo soggetto pignorato (l’ex datore di lavoro) che dichiarerà, sic et simpliciter, di non avere più in essere rapporti di lavoro con il debitore esecutato, il creditore, se lo riterrà opportuno, una volta accertato che il debitore percepisce attualmente una indennità NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), potrà procedere con il pignoramento di tale prestazione presso l’INPS.

L’importo percepito come NASpI, infatti, in quanto assimilabile allo stipendio è pignorabile nella misura massima del 20% mensile. C’è tuttavia da aggiungere che, dopo questo primo flop, difficilmente il creditore si farà convincere ad anticipare altre spese legali per pignorare una quota mensile della NASpi (circa 130 euro) che verrà erogata al massimo per due anni (La NASpI è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni) tenendo anche conto che la lettrice già percepisce l’indennità da qualche tempo.

In ogni caso dovrà essere notificato al debitore esecutato, ed al terzo pignorato, un nuovo atto di pignoramento.

Va precisato che qualora il creditore decidesse di procedere con il pignoramento del conto corrente (e quindi anche della carta di credito prepagata eventualmente collegata al conto), anzichè agire nei confronti del datore di lavoro o dell’INPS, la notifica del pignoramento del conto corrente (che avviene in contemporanea per il debitore esecutato e perla banca) non sarebbe utile per mettere in pratica eventuali contromisure: il conto corrente, e la carta, verrebbero bloccati immediatamente dalla banca (o dall’ufficio postale).

In questa evenienza va tuttavia ricordato che, in base all’articolo 545 del codice di procedura civile, le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dalla normativa vigente (massimo il 20%).

11 Gennaio 2017 · Annapaola Ferri


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