ISEE nucleo familiare di due estranei legati da vincoli affettivi – Convivenza di fatto


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Io e il mio fidanzato conviviamo in un appartamento intestato a mia madre, io sono residente nell’appartamento, mentre il mio fidanzato è ancora residente a casa sua, insieme a suo fratello.

Vorrebbe prendere anche lui residenza nell’appartamento dove viviamo e costituire un unico nucleo familiare, legato da vincoli affettivi.

Questo cosa comporta?
Vorrei avere info su tutti i possibili risvolti economici, per valutare la convenienza proprio in termini di “soldoni”.

Il nostro ISEE diventerebbe più elevato?
Pagheremmo di più di bollette, spazzatura e utenze varie?
Lui lavora come dipendente e io come libera professionista.

Chiedo perché so che è una decisione non revocabile se sussiste la convivenza… cioè se scegliamo 1 unico nucleo, poi non possiamo modificare in 2 nuclei separati.
A meno che uno dei due vada a vivere altrove e cambi residenza, ma in questo caso significherebbe che ci siamo separati e non sarebbe rilevante (e speriamo che non accada).

Per l’accertamento della stabile convivenza si fa riferimento alla dichiarazione resa all’ufficiale d’anagrafe: i conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario.

In pratica, si intendono per conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita’ o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari.

Ciascun convivente di fatto puo’ designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporta incapacita’ di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute e in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalita’ di trattamento del corpo e le celebrazioni funebri.

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Il diritto viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.

Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facolta’ di succedergli nel contratto. Qualora l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parita’ di condizioni, i conviventi di fatto.

Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di societa’ o di lavoro subordinato.

In caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza. Il contratto di convivenza, le sue modifiche e la sua risoluzione, sono redatti in forma scritta, a pena di nullita’, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Ai fini dell’opponibilita’ ai terzi, il professionista che ha ricevuto l’atto in forma pubblica o che ne ha autenticato la sottoscrizione deve provvedere entro i successivi dieci giorni a trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe delle convivenze anagrafiche e le note a margine sulla scelta del regime patrimoniale adottato dai due conviventi di fatto.

Il contratto di convivenza si risolve per: accordo delle parti; recesso unilaterale; matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona; morte di uno dei contraenti.

La risoluzione del contratto di convivenza per accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta in forma scritta, con atto pubblico o scrittura privata, con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Qualora il contratto di convivenza preveda, il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione medesima. Resta in ogni caso ferma la competenza del notaio per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza.

Nel caso di recesso unilaterale da un contratto di convivenza il professionista che riceve o che autentica l’atto e’ tenuto a notificarne copia all’altro contraente all’indirizzo risultante dal contratto. Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilita’ esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullita’, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione.

In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente e gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. In tali casi, gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.

Naturalmente l’ISEE, essendo il nucleo familiare costituito da due componenti, terrà conto di redditi e patrimoni di entrambi.

Anche la TARSU (o TARI), nei comuni dove è commisurata al numero di componenti la famiglia anagrafica (stato di famiglia) e non solo all’estensione in metri quadrati dell’appartamento, potrebbe risentire di un leggero aumento.

30 Marzo 2016 · Marzia Ciunfrini


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