Fallimento socio accomodante recesso


Protesto, protesto e iscrizione in RIP (Registro Informatico dei Protesti)





vorrei porgere delle richieste specifiche alla mia domanda del 14 aprile

in breve la storia.

– socio accomandatario nullatenente al 85%
– socio accomodante al 15%

Sono stato socio accomodante dal 2007 al 2012, nel periodo stesso sono stato anche dipendente della stessa società, ho firmato bolle di consegna merce, ho fatto contratti con clienti e ho contattato anche aziende, ho operato con procure bancarie sui conti correnti, l’unica cosa che non ho mai fatto è firmare assegni o cambiali.

Ora sono uscito dalla società con atto di cessione di quote verso l’azienda.
con approvazione dell’amministratore accomandatario ho ceduto la mia quota a un’altro socio accomodante.

sull’atto del notaio io dichiaro che la quota è di mia proprietà che non ha mai subito pignoramenti, o altri vincoli di sorta .
Quando abbiamo fatto la cessione di quote, il notaio, con regolare visura, ha accertato che non risultavano nè atti giudiziari, nè pignoramenti sia sulla mia quota che nella società.

La domanda è questa: in caso di protesto o successivo fallimento della società, verrò chiamato anche io in causa poichè sono stato accomandante e in un certo senso ero ingerito nell’amministrazione in quel periodo che ero nella società?

per il totale della mia quota o per tutto poichè mi sono ingerito nell’amministrazione? ( visto che ci sono tanti pareri discordanti in materia di ingerenza nell’amministrazione della società)

da tener presente che l’accomandatario non ha nessuna proprietà mentre io ho una casa cointstata con mutuo e ipoteca di primo grado senza concorrenti di €.160000 e un residuo di muto da pagare per altri 20 anni per circa €.70000 per la casa acquistata in comune e pro indiviso con mia moglie, acquistata prima del matrimonio.Poi ci siamo sposati in separazione di beni.

me la possono pignorare?
se, si, come funziona il pignoramento e come mi posso tutelare ora che sono in tempo?
attualmente la società ha debiti vecchi per circa 140 mila euro divisi mensilmente per altri 3 anni circa con cambiali e assegni.
grazie gianluca

Un eventuale fallimento, qualora escluda errori gestionali (in buona e/o malafede) e risulti imputabile esclusivamente all’alèa che accompagna qualsiasi attività imprenditoriale, libera il socio accomandante/amministratore da ogni coinvolgimento nei debiti societari, oltre la capienza della quota conferita.

Se poi si riesce a dimostrare una precisa responsabilità nel fallimento del socio accomandante in qualità di amministratore, beh questa è tutta un’altra storia, di cui nessuno può prevedere l’esito finale.

Il problema degli immobili di proprietà, qualora si voglia far fronte adesso a foschi scenari, peraltro non prevedibili, si risolve semplicemente alienandoli a terzi, a valore di mercato. Gli acquirenti per evitare sempre possibili azioni revocatorie promosse dai creditori del socio accomandante/amministratore che ha venduto i beni immobili, dovranno destinare gli stessi ad abitazione principale, ovvero ad abitazione in cui l’acquirente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente.

16 Aprile 2012 · Andrea Ricciardi


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