Divorzio e criterio del mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio nella determinazione dell’assegno divorzile » Che cosa sta cambiando

Divorzio e mantenimento dell'ex coniuge » Che cosa sta cambiando

In tema di Assegno di mantenimento all'ex coniuge in caso di divorzio, i nuovi orientamenti giurisprudenziali stanno letteralmente stravolgendo gli assiomi del passato: ma quanto c'è di concreto in tutto ciò? Facciamo chiarezza nel prosieguo dell'articolo.

Nei giorni scorsi abbiamo parlato di una sentenza della Suprema Corte, la 11504/17, che ha fatto molto discutere.

Infatti, con la stessa, la Corte di Cassazione ha stravolto il suo trentennale orientamento giurisprudenziale in materia di mantenimento all'ex coniuge.

Un cambiamento di rotta che ha totalmente declassato il ruolo del tenore di vita quale parametro per stabilire se l'assegno divorzile sia o meno dovuto, espungendolo dai criteri che devono essere osservati non solo ai fini del suo riconoscimento, ma anche ai fini della sua determinazione.

Inoltre, con un altro giudizio, seppur meno importante poiché espresso ancora in primo grado, il tribunale di Milano, con l'ordinanza del 22 maggio 2017, ha fissato la misura di reddito sopra la quale il coniuge non ha diritto al mantenimento perché è indipendente economicamente e può farcela da solo

Comunque, nei prossimi paragrafi, cercheremo di far luce sulla situazione attuale.

Il limite dei mille euro per l'assegno di mantenimento in caso di divorzio

La sentenza del Tribunale di Milano che ha introdotto il limite dei mille euro per l'assegno di mantenimento in caso di divorzio.

L’indipendenza economica che fa venir meno il diritto all’assegno divorzile è la capacità per una determinata persona, adulta e sana, di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali).

E un primo parametro il giudice lo può ricavare dagli introiti del coniuge più debole: sopra mille euro al mese il diritto può essere negato.

Questa la precisazione contenuta nell’ordinanza presidenziale della IX Sezione del Tribunale di Milano, emessa il 22 maggio 2017 all’esito della prima analisi della posizione delle parti in un giudizio di divorzio.

Ordinanza che interviene subito dopo la sentenza n. 11504/17 della Corte di cassazione di cui richiama i principi e che segna un primo contributo per l’approfondimento del nuovo criterio guida affermato dai supremi giudici.

Dunque, il tribunale di Milano fissa la misura di reddito sopra la quale il coniuge non ha diritto al mantenimento perché è indipendente economicamente e può farcela da solo.

Non ha più diritto a percepire il mantenimento l’ex moglie che guadagna all’incirca mille euro al mese, per un totale di 11.528,41 euro all’anno.

Perché proprio mille?

Perché tale è la soglia per ottenere il gratuito patrocinio, il beneficio per chi ha un reddito insufficiente a tirare avanti e sotto il quale può chiedere un avvocato a spese dello Stato.

Secondo la giurisprudenza detto limite può essere usato a parametro per definire quando il coniuge ha diritto all’assegno di divorzio.

È questo l’importantissimo chiarimento che completa la riforma iniziata lo scorso 10 maggio con l’ormai storica sentenza della Cassazione secondo cui il mantenimento all’ex moglie non deve più garantire il medesimo tenore di vita che la coppia aveva durante il matrimonio, ma l’autosufficienza economica .

Differenze tra separazione e divorzio in merito al tenore di vita e il limite dei mille euro

Quali sono le differenze tra separazione e divorzio in merito al tenore di vita e il limite dei mille euro.

Alla luce delle recenti pronunce, ad oggi, tuttavia, è piuttosto prematuro azzardare previsioni sull'impatto che questi precedenti giurisprudenziale potrebbe avere sulle coppie che, di qui a breve, vorranno divorziare.

Eppure, è verosimile ipotizzare che i soggetti che maggiormente risentiranno di tale sentenza saranno le donne.

E tra di loro in particolare quelle che hanno goduto di un tenore di vita agiato, non tanto per meriti propri, quanto, piuttosto, per via dei guadagni del marito.

In ogni caso, in un quadro nazionale in cui, a ben vedere, la famiglia italiana è tutt’oggi ancorata a un modello familiare tradizionalistico, è bene auspicare che anche le donne, specialmente le più giovani, si aprano al mondo e alle opportunità lavorative che lo stesso offre loro, non relegandosi al mero ruolo di moglie e madre, ma imparando a conciliare tali ruoli con la carriera professionale.

Sarà inoltre necessario rivalutare la possibilità di regolamentare i patti prematrimoniali, confidando in un intervento del legislatore nel senso di ammetterli e di riconoscere ai coniugi quell'autonomia contrattuale nel regolare i loro rapporti, personali e patrimoniali, che in molti altri paesi europei è già stata raggiunta.

Altrettanto consigliata, in una prospettiva garantistica individuale, è la scelta, in sede di matrimonio, del regime di comunione dei beni che dovrà essere preferito rispetto al regime della separazione.

In caso di divorzio, infatti, tutti i beni caduti in comunione e confluiti nel patrimonio comune verrebbero suddivisi in pari quote tra i coniugi, così parzialmente compensando gli eventuali effetti negativi derivanti dalla negazione dell'assegno di divorzio.

Senza dimenticare che vi è la possibilità di stipulare, prima del matrimonio o nel corso dello stesso, delle convenzioni matrimoniali, con le quali i coniugi potranno “costruirsi” un regime patrimoniale su misura.

Insomma, un modo per tutelarsi in via preventiva e per mettersi al riparo da una giurisprudenza in materia sempre più oscillante, che pretende di dar voce ad un principio - il superamento degli stereotipi di genere - che non è ancora stato totalmente raggiunto.

In una prospettiva ottimistica, ma aspetto che questa sentenza, al di là delle perplessità che ha sollevato, da un lato incentivi le donne a riprendersi quel posto nella società che, per anni, si sono autonegate.

Dall'altro, disincentivi chi, al contrario, negli ultimi dieci, quindici anni, ha approfittato del proprio ruolo di ex moglie per vivere solo sulle spalle del proprio ex marito, uccidendo le proprie ambizioni in nome di un vivere comodamente parassitario.

E chissà che le battaglie per la vera parità in famiglia e sul posto di lavoro non passino anche attraverso queste sentenza.

Bisogna, infine, fare un'importante precisazione.

Prendiamo un altro caso concreto venuto alla luce nei mesi scorsi: la separazione Berlusconi-Lario.

In quel caso, i supremi giudici hanno respinto il ricorso del leader di Forza Italia contro il maxiassegno, rilevando che la separazione "non elide la permanenza del vincolo coniugale" e il dovere di assistenza garantendo il precedente tenore di vita.

Dunque, diversamente dalla fase del divorzio, quando "cessano" i doveri di solidarietà coniugale, nelle cause di separazione l'ex coniuge più facoltoso ha ancora il dovere di garantire al partner separato lo stesso tenore di vita del matrimonio.

Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazione della sentenza sulla separazione tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario, con conferma del'assegno di due milioni mensili per la donna.

Il verdetto fa riferimento alla recente sentenza sul divorzio che ha mandato in soffitta il tenore di vita, dicendo che non si applica alle separazioni.

30 Maggio 2017 · Andrea Ricciardi


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