Disoccupazione giovanile » Uno su due senza lavoro, redditi infimi

Disoccupazione giovanile » Uno su due non ha lavoro, redditi più bassi da sempre

Disoccupazione. Precaria più della metà dei giovani italiani. Lo calcola l’Ocse nel suo Employment outlook, basato sui dati di fine 2012. Oltre la metà dei lavoratori under 25, si legge, per la precisione il 52,9%, ha una condizione instabile. Percentuale più alta tra le donne (37,5%) che tra gli uomini (33,7%). La quota dei precari è quasi raddoppiata rispetto al 2000, quando erano il 26,2% ed è cresciuta molto ] Precaria più della metà dei giovani italiani.

Lo calcola l'Ocse nel suo Employment outlook, basato sui dati di fine 2012. Oltre la metà dei lavoratori under 25, si legge, per la precisione il 52,9%, ha una condizione instabile. Percentuale più alta tra le donne (37,5%) che tra gli uomini (33,7%). La quota dei precari è quasi raddoppiata rispetto al 2000, quando erano il 26,2% ed è cresciuta molto anche rispetto al 2012, quando si era attestata al 35,3%.

Il quadro sull'Italia è allarmante, perché il Paese resta Intrappolato tra recessione e disoccupazione e viaggia in controtendenza rispetto alla media. L'Ocse prevede un peggioramento del tasso dei senza lavoro al 12,6% nel quarto trimestre del 2014 dal 12,2% dello scorso maggio e contro il 6,2% ante-crisi.

E' il sesto peggior dato tra i 34 paesi aderenti all'organizzazione e contrasta con la media dell'area, attesa in miglioramento dall'attuale 8% al 7,8% di fine 2014, oltre ad essere uno dei peggioramenti più marcati tra i paesi industrializzati rispetto al 2007.

La percentuale dei 15-24enni inoccupata è cresciuta di 6,1 punti tra il 2007 e la fine del 2012, contro i 4,3 punti della media Ocse e l'aumento è attribuibile essenzialmente ai 'neet', i ragazzi che non sono né al lavoro né a scuola, la cui percentuale è aumentata di 5,1 punti al 21,4% della fine del 2012.

Si tratta del terzo peggior andamento nell'area Ocse, dopo Grecia e Turchia.

Il contrasto con gli altri paesi industrializzati è impressionante: altrove davanti a difficili prospettive occupazionali i giovani hanno reagito ritardando l'ingresso nel mercato del lavoro e approfondendo gli studi, per cui il tasso dei 'neet', nonostante la crisi, è rimasto stabile. Tra i ragazzi italiani è invece aumentata l'inattività totale.

Il tasso di occupazione dei 15-24enni in italia è sceso al 20,5% a fine 2012, il quinto peggior dato nell'Ocse, la metà rispetto alla media dell'area (39,7%), dal 24,7% del 2007 e dal 27,8% del 2000. Il tasso di disoccupazione giovanile è invece balzato dal 20,3% del 2007 al 39,2% del primo trimestre 2013.

L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico promuove però la riforma Fornero che dovrebbe migliorare la crescita della produttività e la creazione di posti di lavoro nel futuro, grazie in particolare al nuovo articolo 18 che riduce la possibilità di reintegro in caso di licenziamento, rendendo le procedure di risoluzione più rapide e prevedibili.

Ciononostante, aggiunge l'Ocse, l'Italia resta uno dei Paesi Ocse con la legislazione più rigida sui licenziamenti, in particolare riguardo alla compensazione economica in caso di licenziamento senza giusta causa e la definizione restrittiva di giusta causa adottata dai tribunali.

In questo contesto, argomenta poi il rapporto, gli elementi raccolti suggeriscono che limitare la diffusione dei reintegri sia un elemento chiave per migliorare i flussi occupazionali e la produttività.

Eppure si lavora di più.

In Italia calano le ore lavorate in media l'anno (1752 nel 2012, erano 1772 nel 2011), ma il tempo dedicato all'occupazione resta comunque del 25% superiore a quello dei tedeschi (1397 ore, 9 in meno rispetto al 2011).

E' una delle sorprendenti conclusioni che emergono dal rapporto Ocse, che conferma la correlazione negativa fra sistema di welfare e tempo dedicato al lavoro.

Nella ricca Olanda, ad esempio, le ore assorbite dal lavoro sono appena 1381 mentre la Norvegia si attesta a 1420 ore e la Francia a 1479.

Là dove la crisi colpisce più duro o il sistema sociale è meno 'protettivo', l'impegno dei lavoratori è superiore: la Grecia infatti si attesta a 2034 ore, il Cile a 2029 e il Messico resta al top con 2226 ore l'anno, il 60 % in più di un olandese.

Con rare eccezioni, comunque, il trend storico resta quello di una riduzione delle ore lavorate: in Italia dal 2000 al 2012 questo numero è sceso di 109 ore, mentre in Corea è calato di ben 420 ore.

16 Luglio 2013 · Patrizio Oliva


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