Diritto d’uso – L’usuario può modificare lo stato del bene concesso in comodato
Il diritto d'uso, quale diritto reale disciplinato dal Codice civile (articolo 1021 e seguenti) attribuisce al suo titolare il diritto di servirsi della cosa e di trarne i frutti per il soddisfacimento dei bisogni propri e della propria famiglia, diritto che, nel suo concreto esercizio, non può non implicare il potere di trarre dal bene ogni utilità che esso può dare; ne consegue che l'ampiezza di tale potere, a parte il peculiare limite quantitativo rappresentato dai bisogni del titolare e della sua famiglia, che peraltro va riferito non all'uso della cosa ma al percepimento dei frutti, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene per contro, in ragione del richiamato principio di tipicità, non può soffrire limitazioni o condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo.
In altri termini, il diritto di uso si estende a tutte le utilità che possono obiettivamente trarsi dal bene secondo la sua destinazione, potendo l'usuario - non diversamente dall'usufruttuario - servirsi della cosa in modo pieno, dovendo soltanto rispettare la destinazione economica della cosa.
La costruzione di opere stabili e permanenti rientra dunque nell'ambito delle facoltà riconosciute dal Codice civile, essendo al riguardo del tutto irrilevante la temporaneità del diritto d'uso. Infatti, al momento dell'estinzione del diritto per decorso del termine di durata, l'usuario ha l'obbligo di restituire la cosa nello stato in cui l'ha ricevuta: l'esistenza di manufatti realizzati dall'usuario potrà eventualmente assumere rilevanza nella regolamentazione dei rapporti fra l'usuario e il proprietario al momento della cessazione del diritto in considerazione degli effetti determinati dalla realizzazione della costruzione.
Queste le indicazioni emerse, in tema di diritto d'uso, con la lettura della sentenza 17320/15 della Corte di cassazione.
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