Debiti tributari di società e confisca per equivalente

Debiti tributari di società e confisca per equivalente

La proprietà di un bene immobile conferito al fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione. Risulta irrilevante che il bene immobile sia stato, prima della costituzione del fondo, di proprietà esclusiva di uno dei coniugi in regime di separazione dei beni.

Ne deriva che è legittimo il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente dell'immobile conferito al fondo patrimoniale se uno dei coniugi è indagato in qualità di amministratore di una società a cui vengano ascritti reati di natura tributaria.

Infatti, il sequestro ha ad oggetto l’equivalente del profitto del reato, e quindi, addirittura, anche cose di terzi estranei ed, ovviamente, a maggior ragione, può colpire i beni dell'amministratore della società, che non può considerarsi terzo estraneo rispetto al reato da lui commesso quale persona fisica agente in nome e per conto della persona giuridica.

Ed e’ indubbio che il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può dunque consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario.

Può essere pignorato anche il conto corrente del coniuge dell'indagato

Ma v'è di più: qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali e’ prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l’adozione del sequestro preventivo anche del conto corrente del coniuge dell'indagato non e’ subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell'indagato, in quanto il denaro oggetto di sequestro deve solo equivalere all'importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare.

Non è dunque, richiesto, ai fini della sequestrabilità per equivalente delle somme sul c/c del coniuge dell'indagato, che debbano sussistere indizi chiari in ordine all'illecito utilizzo che dello stesso è stato fatto da parte del coniuge indagato, poiché, altrimenti, si verrebbe a ristabilire la necessità di una correlazione tra la “res” ed il reato che la legge, con l’istituto della confisca per equivalente, ha inteso invece escludere.

Sono questi appena sintetizzati i contenuti della sentenza numero 129 pronunciata il 7 gennaio 2014 dalla Corte di Cassazione.

2 Febbraio 2014 · Marzia Ciunfrini


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