Crisi economica » Povertà e disoccupazione: I preoccupanti dati dell’Istat

Crisi economica » Povertà e disoccupazione: I dati dell'Istat

Crisi economica e i dati dell'Istat: Gli stipendi degli italiani sono fermi, povertà al top dal 1997.

La povertà

Povertà relativa ai massimi storici.

Il rapporto sulla coesione sociale dell'Istat svela che Nel 2012 si trova in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie residenti in Italia e il 15,8% degli individui.

Si tratta dei valori più alti dal 1997, anno di inizio della serie storica.

I poveri in senso assoluto sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%).

Nel corso degli anni, la condizione d povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, in cui convivono più generazioni. Fra queste ultime una famiglia su tre è relativamente povera e una su cinque lo è in senso assoluto.

Un minore ogni cinque vive in una famiglia in condizione di povertà relativa e uno ogni dieci in una famiglia in condizione di povertà assoluta, quest'ultimo valore è più che raddoppiato dal 2005. Segni di miglioramento si registrano invece per la condizione di povertà relativa fra gli anziani.

Crisi e disoccupazione

Il tasso di disoccupazione nel 2012 ha raggiunto il 10,7%.

Ciò, con un incremento di 2,3 punti percentuali rispetto al 2011 (4 punti percentuali in più rispetto al 2008). Il tasso di disoccupazione giovanile supera il 35%, con un balzo in avanti rispetto al 2011 di oltre 6 punti percentuali (14 punti dal 2008), e i disoccupati sono 2 milioni 744 mila, 636 mila in più rispetto al 2011. Il tasso di disoccupazione della popolazione straniera si attesta nel 2012 al 14,1% (+2 punti percentuali rispetto al 2011). I valori più alti si registrano al Nord dove il tasso raggiunge il 14,4% (16,3% per la componente femminile).

Nel 2012 gli occupati sono 22 milioni 899 mila, 69 mila in meno rispetto alla media del 2011. Il tasso di occupazione della popolazione 20-64 è pressochè stabile da qualche anno (61% nel 2012, 61,2% nel 2011), ma è sceso di due punti percentuali dal 2008. Il calo più vistoso è quello registrato dal tasso di occupazione per la classe di età 15-24, che dal 2008 ha perso 5,8 punti percentuali, passando dal 24,4 al 18,6%. Gli occupati a tempo determinato sono 2 milioni 375mila, il 13,8% dei lavoratori dipendenti. Si tratta in
gran parte di giovani e donne. Gli occupati part-time sono invece 3 milioni 906 mila, il 17,1% dell'occupazione complessiva. In quest'ultimo caso prevale nettamente la componente femminile.

Negli ultimi anni si è ridotta la capacità dell'università di attrarre giovani: il tasso di passaggio (ovvero il rapporto percentuale tra immatricolati all'università e diplomati di scuola secondaria superiore dell'anno scolastico precedente) è sceso al 58,2% nell'anno accademico 2011/2012 dal 73% del 2003/2004, anno di avvio della Riforma dei cicli accademici.

Per i giovani, il posto fisso è ormai un miraggio: "Il numero medio di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nel 2013 è diminuito rispetto all'anno precedente (-1,3%). Il fenomeno ha riguardato soprattutto i lavoratori gli under30, diminuiti del 9,4%".

Stipendi fermi

Frenano gli stipendi: 4 euro in più in un anno.

Nel 2012 la retribuzione mensile netta è di 1.304 euro per i lavoratori italiani e di 968 euro per gli stranieri. Rispetto al 2011, il salario netto mensile è rimasto quasi stabile per gli italiani (4 euro in più) mentre risulta in calo di 18 euro per gli stranieri, il valore più basso dal 2008. E’ quanto emerge dal Rapporto sulla coesione sociale di Istat, Inps e Ministero del Lavoro.

In media, la retribuzione degli uomini italiani è più elevata (1.432 euro) di quella corrisposta alle connazionali (1.146 euro). Il divario retributivo di genere è più accentuato per la popolazione straniera, con gli uomini che percepiscono in media 1.120 euro e le donne soltanto 793.

I lavoratori sovra istruiti (cioè in possesso di un titolo di studio più elevato rispetto a quello prevalentemente associato alla professione svolta) sono il 19% circa dei lavoratori italiani mentre la quota supera il 40% fra i lavoratori stranieri e raggiunge il 49% fra le occupate straniere.

La crisi e i pensionati

Metà dei pensionati vive con meno di mille euro.

Quasi un pensionato su due (46,3%) ha un reddito da pensione inferiore a mille euro, il 38,6% ne percepisce uno fra mille e duemila euro, solo il 15,1% dei pensionati ha un reddito superiore a duemila euro.

Al 31 dicembre 2012 i pensionati sono 16 milioni 594mila; di questi, il 75% percepisce solo pensioni di tipo Invalidità, Vecchiaia e Superstiti (Ivs), il restante 25% riceve pensioni di tipo indennitario e assistenziale, eventualmente cumulate con pensioni Ivs. Sotto il profilo geografico, il 28,3% dei pensionati risiede nel Nord-ovest, il 20,1% rispettivamente nel Nord-est e nel Centro, il 21,3% nel Sud e il 10,2% nelle Isole.

La classe di età più numerosa è quella degli ultraottantenni, con circa 3 milioni 900 mila pensionati, seguono quella dei 65-69enni, con circa 2 milioni 912mila pensionati e quella dei 70-74enni con 2 milioni 893mila individui; l’8,1% dei pensionati ha meno di 55 anni. Dal 2010 al 2012 il numero di pensionati diminuisce mediamente dello 0,68%, mentre l’importo annuo medio aumenta del 5,4%.

31 Dicembre 2013 · Patrizio Oliva




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