Crack bancario e finanziario: ora rischia anche l’Industria

Ed è un allarme che la Marcegaglia ha lanciato in modo congiunto con il leader della Cisl Bonanni, che ha anche lui chiesto «politiche anticicliche» per invertire questa prospettiva.

Ospite del convegno di Quarta fase (l'associazione che riunisce gli ex popolari del Pd), il presidente degli industriali ha sottolineato che la crisi «globale» dei mercati finanziari si sta trasferendo sull'economica reale, e che questo «impatto sarà significativo».

Anticipando le cifre che l'ufficio studi di Confindustria annuncerà lunedì, Marcegaglia ha reso noto la stima del Pil del 2009: -0,5%, contro «l'ottimistico» +0,4% formulato appena un mese fa.

Le ricette vanno adottate innanzi tutto in sede europea e multilaterale, «uscendo dalla logica per cui si esce dalla crisi ognuno per conto suo». «Bando agli egoismi nazionali», ha detto Marcegaglia parlando dell'Ue.

Ma oltre a «bloccare la crisi finanziaria», ha insistito Marcegaglia, bisogna «pensare all'economia reale, mettendo in campo un pò di misure per la crescita». Per esempio un piano europeo «di investimenti sulle infrastrutture e sull'innovazione». Sulla stessa lunghezza d'onda Bonanni, che ha chiesto «misure anticicliche» ed ha anche lui indicato le infrastrutture come campo di investimenti, oltre a quello dell'energia.

Un altro capo di interventi è quello dei salari e delle pensioni che «sono sconocchiati da quattro livelli di tasse»: «occorre un sollievo generalizzato». E i soldi dove si prendono? Bonanni non ha dubbi e cita Visco: «dalla lotta all'evasione fiscale». «Il governo - ha sferzato il leader Cisl - ha rimandato la tracciabilità, e poi dà ai pensionati la carta dei poveri. Così non va. La prima battaglia è l'equità fiscale». Anche perchè un po' di ossigeno a salari e pensioni farebbe ripartire i consumi interni.

In questa prospettiva anche il rinnovo del modello di contrattazione assume un rilievo, perchè, hanno convenuto Marcegaglia e Bonanni, legando produttività all'aumento dei salari, si favorirebbe proprio la crescita. Sul merito della trattativa sia la leader degli industriali che quello della Cisl si sono mostrati in sintonia: «guai ad illudere i lavoratori - ha detto Bonanni - che si possa guadagnare di più senza lavorare meglio e di più».

Rimane l'interrogativo sulla posizione della Cgil: «deve superare le resistenze interne e sedersi al tavolo», ha detto Marcegaglia che ha esortato al «coraggio e alla responsabilità». Il suo auspicio è che «nel giro di un mese, un mese e mezzo» si possa giungere a un intesa. «Spero in una chiusura positiva - ha aggiunto - con l'adesione della Cgil, ma non possiamo fermarci davanti a veti, perchè dobbiamo andare avanti puntando alla crescita».

«Occorre pazienza, pazienza, pazienza» ha invece esortato Bonanni, che si è mostrato anche più ottimista: «non c'è stato lo strappo - ha sottolineato - ma la segnalazione di opinioni diverse». La Cgil firmerà? «tutto spinge verso questa soluzione - ha concluso - e credo che ci si si arrivi».

12 Ottobre 2008 · Patrizio Oliva


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Una risposta a “Crack bancario e finanziario: ora rischia anche l’Industria”

  1. Damiana Verucci ha detto:

    È un’esperienza di vita vissuta quella della signora Maria Grazia D. (preferisce per motivi di riservatezza non dare il suo cognome completo). Piccola imprenditrice romana, dal 1995 sul mercato dell’abbigliamento.
    Si definisce un’artigiana e per l’esattezza fornisce ad aziende di produzione alcuni servizi, tra i quali la creazione di modelli che poi vengono realizzati. Ha provato a rinegoziare un mutuo per un prestito recentemente accordato perché la rata mensile del tasso variabile era diventata troppo alta da sopportare, ma si è sentita rispondere di no perché non poteva dare garanzie patrimoniali. Maria Grazia racconta che la sua «è la storia di tanti altri imprenditori che conosco e che hanno avuto esperienze di rifiuti simili».
    Lei lo racconta non senza un po’ di tristezza nella voce. «Per tanti anni i miei clienti sono state ditte del settore abbigliamento – dice – Visto il momento molto difficile che sta attraversando il comparto, e venuta a conoscenza di diverse aziende che hanno chiuso, volevo fare il salto di qualità, creare qualcosa di mio, una collezione di abbigliamento per bambini e per fare questo ho chiesto alla banca un prestito di 20.000 euro». La cifra, piuttosto bassa, ha permesso che in breve tempo questo prestito le fosse accordato. I guai per l’imprenditrice sono iniziati dopo, quando a causa dell’aumento della rata del tasso variabile ha provato in questi giorni a chiedere la rinegoziazione del mutuo per trasformarlo in tasso fisso. «Avevo un mutuo a tasso variabile – continua Maria Grazia – e la rata era diventata troppo alta da sostenere. Così, leggendo anche gli annunci pubblicitari di molti istituti di credito che parlavano della facilità di passare dal tasso variabile al fisso senza troppi problemi, ho scelto una banca di queste quasi a caso. All’inizio mi hanno accolta a braccia aperte dicendo di non preoccuparmi, bastava che aprissi un conto corrente da loro e in pochissimi giorni, dato anche il prestito già accordato dal primo istituto, avrebbero portato a termine la procedura per consentire di abbassare la rata mensile di circa 200 euro».
    Ma dopo alcuni giorni dalla banca ancora nessuna risposta al riguardo. «Mi hanno iniziato a dire dobbiamo approvare la delibera, ci vuole ancora tempo, non ti preoccupare. Fatto sta che poco dopo mi è arrivata la richiesta di una garanzia patrimoniale, altrimenti non se ne faceva niente». Maria Grazia non nasconde lo stupore di una simile richiesta: «Praticamente dovevo ricominciare da capo. Per una “semplice” rinegoziazione dovevo dare un’altra garanzia patrimoniale, affrontare un altro iter burocratico e perdere altro tempo». Così si è rivolta ad un Confidi (consorzio che presta parte della garanzia richiesta) e il mutuo è stato rinegoziato. Un’esperienza di prestito non accordato la racconta, invece, Romolo Righi, che da 25 anni ha nella Capitale un’azienda di materiali di archiviazione per uffici. È anche lui un piccolo imprenditore e come molti altri ha avuto bisogno, ad un certo punto della sua vita lavorativa, di un prestito per far crescere la propria impresa. «Mi sono rivolto a tre istituti bancari diversi – fa sapere – ma la risposta è stata la stessa, niente prestito perché non ci sono sufficienti garanzie».
    Mai un assegno protestato, mai un problema di contabilità, il curriculum aziendale di Righi sembra immacolato. «Volevo ristrutturare un capannone che si trova alla Magliana e per questo ho chiesto alla banca 150.000 euro. Pensavo sinceramente di non avere problemi perché a sostegno di questa richiesta ho presentato una serie di garanzie patrimoniali di valore ben superiore all’ammontare della cifra richiesta». Eppure il “no” è arrivato lo stesso e subito. La motivazione? «Semplice quanto assurda – spiega l’imprenditore – hanno infilato i miei dati dentro un computer e il computer ha detto no.
    Nessuna altra spiegazione da parte del funzionario, nessun altro chiarimento, solo un generico le norme sul credito bancario si sono fatte più severe e noi non possiamo farci nulla». Eppure lo stesso Righi ricorda che alcuni anni fa, e in più di un’occasione, ha chiesto e ottenuto facilmente cifre analoghe dagli stessi istituti di credito, che oggi gli hanno risposto in modo negativo. «So di molti altri imprenditori nella mia situazione – continua – che chiedono prestiti di entità anche decisamente minore e non riescono ad ottenerli perché, viene detto loro, non offrono garanzie sufficienti». «Alcuni di loro – conclude l’imprenditore – a causa del prestito negato hanno cessato l’attività».

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