Nullità del contratto di locazione in forma verbale – Il conduttore che vuole eccepirlo deve dimostrare l’abuso del locatore altrimenti rischia lo sfratto

Storia della normativa che regola i contratti di locazione - dall'equo canone ai patti in deroga

In passato, la scelta del legislatore di applicazione dell'equo canone (meccanismo di determinazione legale del canone di locazione calcolato sulla base di una serie di parametri oggettivi, ha prodotto risultati estremamente negativi, causando gravi distorsioni del mercato delle abitazioni. I proprietari, salvo far ricorso alla sistematica prassi dei c.d. affitti in nero, preferirono togliere dal mercato i propri appartamenti, ritenendo oltremodo antieconomico concederli in locazione ad un canone spesso irrisorio, assai lontano dal vero valore di mercato e con alti rischi di perdita della relativa disponibilità per lungo tempo.

Il fenomeno del ritiro del mercato delle locazioni di un considerevole numero di immobili rese così necessario nuovi interventi del legislatore: il primo intervento, del 1992, consentì, nei contratti di locazione ad uso abitativo, la libera pattuizione del corrispettivo (patti in deroga) bilanciata da un sostanziale raddoppio della durata del contratto, mentre tutti gli altri aspetti del rapporto contrattuale continuarono ad essere regolati dalla precedente disciplina; la legge 431/1998 rese poi definitiva la scelta del legislatore di abbandonare definitivamente l'idea del canone equo imposto per legge, e di fronteggiare, eliminandolo in radice, il fenomeno del cosiddetto sommerso.

Venne in questo modo sancita in via definitiva la liberalizzazione del canone delle locazioni ad uso abitativo, bilanciata da una maggiore stabilità del rapporto contrattuale, con espressa previsione dell'obbligo della forma scritta e della registrazione del contratto. I contratti che ricadono nell'ambito applicativo della legge sono le locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo che non abbiano ad oggetto beni vincolati o che non siano costruiti nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica o che non siano alloggi locati per finalità esclusivamente turistiche.

Contratti di locazione - la legge attualmente in vigore

La legge attualmente in vigore prevede due possibili modalità di contrattazione: una prima, libera, una seconda strutturata secondo modelli-tipo, frutto di accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. La durata del contratto varia a seconda si sia scelto il modello a forma libera oppure quello concordato tra associazioni: nel primo caso è prevista una durata minima di quattro anni rinnovabili per ulteriori quattro, mentre nel secondo la durata minima è di tre anni rinnovabili per altri due.

La prescrizione della forma scritta del contratto di locazione appare volta essenzialmente a tutelare l'interesse alla trasparenza del mercato delle locazioni in funzione dell'esigenza di un più penetrante controllo fiscale, esigenza avvertita in modo significativo in un settore dove a causa della precedente disciplina, sottoposta all'equo canone, il fenomeno dell'evasione era divenuto inarginabile. E proprio il collegamento funzionale (anche se non strutturale) tra forma scritta e registrazione del contratto apparve a tuttora appare particolarmente significativo in tal senso.

Contratto di locazione nullo per mancanza di forma scritta - Cosa rischia il conduttore

Anche la giurisprudenza ritiene, infine, necessaria la forma scritta, limitando, tuttavia, la rilevabilità della nullità del contratto di locazione in favore del solo conduttore tutelato nel caso in cui gli sia stato imposto, da parte del locatore, un rapporto di locazione di fatto, stipulato soltanto verbalmente. Il conduttore può, cioè far valere egli solo la nullità qualora il locatore abbia imposto la forma verbale, abusando della propria posizione dominante all'interno di un rapporto giocoforza asimmetrico.

Se così non fosse, la tutela prevista per il conduttore si tradurrebbe, nella realtà, in un sostanziale indebolimento della sua posizione, esposto come sarebbe all'azione di nullità del locatore che, evitando la forma scritta prescritta dalla legge, riuscirebbe ad avere un permanente strumento di pressione nei confronti del contraente più debole.

La legge 431/1998, infatti, sancisce l'ipotesi di un contratto nullo per mancanza di forma scritta che abbia dato luogo ad un rapporto di locazione di fatto, ma richiede, tuttavia, espressamente, un ulteriore presupposto, ovvero che sia il locatore ad aver preteso l'instaurazione del rapporto di fatto, e che quindi la nullità del contratto sia a lui attribuibile, mentre il conduttore deve averla solo subita. Si disciplina, pertanto, la fattispecie concreta del locatore che ponga in essere una coazione idonea ad influenzare il processo di formazione della volontà del conduttore, condizionando alla forma verbale l'instaurazione del rapporto di locazione.

Il giudice, su istanza del conduttore, dovrà pertanto accertare, da un lato, l'esistenza del contratto di locazione stipulato verbalmente e, dall'altro, la circostanza che tale forma sia stata imposta da parte del locatore e subita da parte del conduttore contro la sua volontà, così determinando il canone dovuto nei limiti di quello definito dagli accordi delle associazioni locali della proprietà e dei conduttori con il conseguente diritto del conduttore alla restituzione della eccedenza pagata.

Conformemente alla lettera della legge, la nullità del contratto verbale e le relative conseguenze si concretizzeranno solo in presenza dell'abuso, da parte del locatore, della sua posizione "dominante", imponendosi il tal caso, e solo in esso, a causa della eccessiva asimmetria negoziale, un intervento correttivo ex lege a tutela del contraente debole.

In concreto, sarà pertanto necessario che il locatore ponga in essere una inaccettabile pressione (una sorta di violenza morale) sul conduttore al fine di costringerlo a stipulare il contratto in forma verbale, mentre, nel caso in cui tale forma sia stata concordata liberamente tra le parti (o addirittura voluta dal conduttore), torneranno ad applicarsi i principi generali in tema di nullità. Il locatore potrà agire in giudizio per il rilascio dell'immobile occupato senza alcun titolo, e il conduttore potrà ottenere la (parziale) restituzione delle somme versate a titolo di canone nella misura eccedente quella del canone concordato, poiché la restituzione dell'intero canone percepito dal locatore costituirebbe un ingiustificato arricchimento del conduttore.

Insomma, se il conduttore chiede la nullità del contratto verbale di locazione e non riesce a dimostrare che ha dovuto subirlo in conseguenza ad un abuso del locatore in ragione della sua posizione dominante, il contratto stesso sarà riconosciuto giudizialmente affetto da nullità assoluta, con l'indesiderata conseguenza, per il conduttore, dell'obbligo di restituzione dell'immobile con effetto immediato dalla dichiarazione di nullità del contratto, venendo meno il suo titolo giustificativo.

Queste le indicazioni fornite, in tema di nullità del contratto verbale di locazione, dai giudici della Corte di cassazione, a sezioni unite civili, nella sentenza 18214/15.

19 Settembre 2015 · Piero Ciottoli




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Una risposta a “Nullità del contratto di locazione in forma verbale – Il conduttore che vuole eccepirlo deve dimostrare l’abuso del locatore altrimenti rischia lo sfratto”

  1. sunia ha detto:

    Dopo le battute di arresto rappresentate da pronunce della Corte Costituzionale del 2014 e del 2015, la sentenza della Corte di Cassazione sezioni unite n. 18213/15 introduce principi importanti sulla nullità dei contratti irregolari e sui patti con doppio affitto (minore per il fisco maggio per l’inquilino ) su cui fino ad oggi anche all’interno delle interpretazioni dei Tribunali e delle stesse sezioni della Cassazione c’era incertezza e confusione a tutto vantaggio di chi seguita ad eludere ed evadere le regole, consentendo come giustamente rileva la sentenza della Corte l’assurdità “sul piano etico/costituzionale che una parte possa invocare, dinanzi una Corte Suprema di un Paese europeo, tutela giurisdizionale adducendo impunemente la propria qualità di evasore fiscale”. Giustamente la Corte con la sentenza di ieri richiama l’articolo 13 della Legge 431/98 che vieta e colpisce i patti “contrari alla Legge”. Occorre ripartire da qui per risolvere, tra l’altro i migliaia di casi, degli “esodati dell’affitto” cioè di quegli inquilini che a partire dal 2011 per applicare la Legge hanno denunciato le locazioni illegittime e che oggi rischiano lo sfratto. Questa sentenza può essere un monito anche per il Parlamento che deve riprendere il percorso della lotta seria all’evasione fiscale nel settore della locazione.

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