Il rapporto di conto corrente tra consumatore ed istituto di credito » Tutto ciò da sapere per non farsi fregare dalle banche

Il rapporto di conto corrente tra consumatore ed istituto di credito » Tutto ciò da sapere per non farsi fregare dalle banche

L’arbitro Bancario Finanziario (Abf), sempre più frequentemente, si e' occupato della tematica concernente i contenziosi tra consumatore ed istituti di credito riguardo al rapporto di conto corrente.

Negli ultimi tempi, l’Arbitro bancario finanziario e' diventato un punto di snodo fondamentale nelle controversie tra banche e clienti. Di recente i ricorsi all'Abf, infatti, sono aumentati del 58% con una percentuale di accoglimento delle istanze dei cittadini pari al 45% dei casi.

A rivolgersi all’arbitro e' un pubblico adulto, vista l’eta' media dei ricorrenti, che e' di 49 anni.

Il successo dell’Abf si misura anche dall'accesso al proprio portale web: si parla di circa 14.000 accessi al giorno, tra cui, oltre ad esperti e studiosi, semplici cittadini interessati a conoscerne le decisioni.

La vera chiave di questo successo e' la qualità delle decisioni: l’elevato profilo dei componenti dei collegi di coordinamento mette a disposizione dei cittadini uno strumento di qualità, accessibile a tutti per i costi contenuti.

Il ricorso all'arbitro costa infatti 20 euro e quando il cittadino ha ragione, in genere l’istituto di credito e' condannato a rifonderglieli.

Tra le contestazioni ricevute lo scorso anno dall’Arbitro, quelle relative al conto corrente sono quasi un terzo: oltre il 26% e quasi 1.000 in numeri assoluti.

In questo intervento, dunque, vogliamo informare il lettore sulle decisioni dell’Abf in materia di rapporto di conto corrente tra banche e consumatori.

Per favorire la lettura, facciamo notare che, nel prosieguo dell'articolo, i clienti, o consumatori, saranno identificati come utilizzatori, mentre gli istituti di credito, banche o prestatori, come intermediari.

La panoramica sui rapporti di conto corrente

L'Arbitro Bancario Finanziario, come accennato, si è frequentemente occupato di controversie riguardanti i rapporti di conto corrente.

Come noto, il conto corrente è un contratto con il quale la banca svolge un servizio di cassa per il cliente: custodisce i suoi risparmi e gestisce il denaro, offrendo una serie di servizi (versamenti, prelievi e pagamenti nei limiti del saldo disponibile).

Al conto corrente sono di solito collegati, dietro pagamento di commissioni e spese, altri servizi (carte di debito e di credito, assegni, bonifici, domiciliazioni di bollette, fidi).

Le disposizioni di trasparenza della Banca d'Italia sono volte ad assicurare che i potenziali clienti ricevano, prima dell'apertura di un conto corrente, informazioni chiare e complete circa la natura e gli effetti del contratto che intendono sottoscrivere, i servizi di cui potranno beneficiare, i relativi costi.

Coloro che si accingono ad aprire un conto corrente hanno diritto a ottenere, prima della stipula, una copia completa del contratto.

Le condizioni indicate devono essere coerenti con quelle pubblicizzate dalla banca con la documentazione di trasparenza; le condizioni effettivamente praticate devono poi rispecchiare quelle previste dal contratto.

L'utilizzo delle somme presenti sul conto può avvenire attraverso strumenti di pagamento che evitano l'uso del denaro contante, quali l'assegno bancario, le carte di debito (bancomat) e di credito ovvero attraverso disposizioni impartite alla banca (bonifici, giroconti, ordini di pagamento).

Tra queste assume rilevanza la procedura RID, con la quale il cliente autorizza l'intermediario a eseguire ordini periodici di addebito impartiti da un terzo (si pensi ad es. alla domiciliazione bancaria di utenze domestiche ovvero al rimborso di rate di mutuo o alla restituzione di somme utilizzate attraverso carte di credito).

Con riferimento alla condotta precontrattuale, l'ABF ha contestato all'intermediario di aver ritardato l'apertura del conto, impedendo in tal modo al cliente di beneficiare delle condizioni più favorevoli pubblicizzate in offerte promozionali giunte nel frattempo a scadenza.

È stato inoltre censurato il comportamento di intermediari che hanno aperto un conto corrente violando la norma che impone la forma scritta.

In tema di cointestazione del conto, è stato poi affermato che, in assenza di specifiche previsioni contrattuali, i titolari vi possono operare solo congiuntamente.

È stato inoltre deciso che il pignoramento su somme depositate in un conto corrente cointestato può riguardare unicamente la quota riconducibile al soggetto pignorato, ove il cointestatario sia un soggetto estraneo ai fatti che hanno dato origine al pignoramento.

L'Arbitro ha valutato le ipotesi in cui l'intermediario possa essere considerato responsabile per lo svuotamento del conto corrente da parte di uno dei cointestatari con poteri di firma disgiunta.

L'intermediario è stato ritenuto responsabile nei casi di prelievo effettuato in un'unica operazione, con conseguente azzeramento del conto e contestuale versamento in altro conto. È stato invece respinto il ricorso quando lo svuotamento è stato effettuato mediante numerose operazioni di diversa natura (bonifici, assegni, trasferimento titoli).

La morte del correntista, secondo l'orientamento consolidato dell'ABF, dà luogo all'estinzione del rapporto di conto corrente. In caso di pluralità di eredi, il saldo attivo entra a far parte della comunione ereditaria e, per la sua liquidazione, occorre una disposizione congiuntamente impartita dai coeredi.

Diverse sono, invece, le conseguenze derivanti dal decesso del contitolare di un conto a firma disgiunta: in tal caso, non si verifica lo scioglimento del rapporto e il cointestatario superstite può continuare a utilizzare il conto anche oltre la sua quota.

In diverse decisioni l'Arbitro si è pronunciato su richieste di esibizione della documentazione bancaria. Questo diritto è stato riconosciuto al successore del cliente deceduto, anche in assenza di una precisa indicazione degli estremi del rapporto; è stato ritenuto sufficiente che l'interessato fornisca alla banca gli elementi indispensabili per consentire l'individuazione dei documenti richiesti.

Le modifiche unilaterali del contratto nel rapporto di conto corrente

Diverse pronunce dell'Abf riguardano le vicende negoziali del rapporto di conto corrente bancario.

Con riguardo alla condotta precontrattuale, l'ABF si è occupato del comportamento dell'intermediario che ha ritardato l'apertura di un conto corrente oltre il termine di scadenza di un'offerta promozionale che prevedeva condizioni di tasso favorevoli, delle quali il ricorrente non ha potuto, quindi, giovarsi.

È stato affermato che la pubblicità delle condizioni contrattuali, pur non costituendo un'offerta al pubblico, determina tuttavia l'obbligo dell'intermediario di attenersi alle condizioni pubblicizzate nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza. Ne consegue la responsabilità dell'intermediario per il ritardo nelle operazioni di istruttoria e di successiva attivazione del conto.

In una decisione l'ABF ha affermato che l'apertura di un conto corrente in assenza della disposizione scritta da parte del cliente, a prescindere dalle motivazioni addotte dall'intermediario (che intendeva agevolare il cliente stesso), è da censurare in quanto viola la norma imperativa che impone l'adozione della forma scritta a pena di nullità.

In materia di modifiche unilaterali delle condizioni del contratto, l'ABF ha sostanzialmente confermato i principi ai quali risultano ispirate le decisioni già adottate in passato. Si è ribadito che la possibilità di modifica unilaterale riconosciuta agli intermediari è, a tutti gli effetti, un diritto potestativo, che attribuisce il potere di modificare la sfera giuridica dell'altra parte, indipendentemente dall'accettazione o dal rifiuto di quest'ultima.

L'ABF ha evidenziato che la facoltà di variazione unilaterale non può comprendere l'introduzione di nuove clausole o la sostituzione di
una convenzione con altra di diverso contenuto.

La modifica unilaterale deve essere portata a conoscenza del cliente. Spetta all'intermediario provare che le modifiche siano state effettivamente rese note al cliente e, nel caso in cui tale prova manchi, le modifiche non producono effetti e il cliente ha diritto a ottenere il rimborso delle somme a lui addebitate.

In relazione al requisito del giustificato motivo, posto dalla normativa a base dell'esercizio della potestà di variazione unilaterale delle condizioni contrattuali, è stato
ribadito che non è sufficiente il generico rinvio a una non meglio precisata variazione delle condizioni di mercato o, più in generale, a indicazioni vaghe e inidonee a consentire una valutazione, da parte del cliente, circa la coerenza e la congruenza di tale motivo con la variazione proposta.

Non è stata ritenuta tale da configurare un giustificato motivo l'esigenza di garantire una migliore patrimonializzazione della banca.

Quanto alle modalità della comunicazione preventiva, è stata esclusa la legittimità della prassi di inserire la proposta di modifica nell'ambito di un più ampio documento di sintesi, rendendo in tal modo più arduo per il cliente cogliere l'esatta portata della variazione proposta.

Per quanto riguarda, infine, le vicende estintive del rapporto, è stato osservato che, data la natura di contratto a tempo indeterminato, il recesso volontario del cliente ha effetto dallo scadere del termine previsto dal contratto o, in mancanza, del termine di quindici giorni sancito dalla legge.

Nel caso di saldo negativo del conto corrente, l'intermediario non può condizionare il recesso al ripianamento dell'esposizione debitoria.

Quando il recesso è esercitato dall'intermediario, la scelta di sciogliersi dal vincolo contrattuale può essere assunta senza una motivazione specifica, poiché la legge consente il recesso libero. È stato peraltro chiarito che il recesso è un atto unilaterale recettizio, che esplica i suoi effetti nel momento in cui deve ritenersi conosciuto dal destinatario.

La richiesta di esibizione della documentazione bancaria nel rapporto di conto corrente

Secondo normativa vigente, il cliente, o colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni, ha diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione.

Negli stessi termini si esprimono le vigenti disposizioni di trasparenza, che prevedono l'obbligo per gli intermediari di indicare al cliente, al momento della richiesta, il presumibile importo delle relative spese.

Possono richiedere l'esibizione della documentazione bancaria tanto l'erede del titolare del conto quanto il cointestatario, nell'ipotesi in cui l'altro cointestatario sia deceduto e ne sia stata liquidata la quota agli eredi.

In diverse occasioni, gli intermediari hanno eccepito l'impossibilità di accogliere la domanda del cliente, per effetto dello smarrimento della documentazione richiesta, talvolta relativa a rapporti estinti. In proposito, in alcune pronunce, si è rilevato che l'impossibilità di reperire la documentazione non esclude l'inadempimento laddove l'irreperibilità origini da un disservizio interno all'organizzazione dell'intermediario. L'impossibilità sopravvenuta della prestazione, ove imputabile all'intermediario stesso, fa sorgere l'obbligo di risarcimento del danno cagionato al cliente.

Il diritto di copia è riconosciuto al cliente della banca e al suo successore prescindendo dall'attualità del rapporto a cui la documentazione richiesta si riferisce. In linea con tale orientamento, espresso dalla giurisprudenza di legittimità, l'ABF ha precisato che, ai fini dell'esercizio del diritto, non è necessario indicare specificamente gli estremi del rapporto, essendo sufficiente che l'interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentire di individuare i documenti richiesti.

Il principio rileva, in particolare, là dove il richiedente si trovi nella necessità (come accade nel caso del successore) di ricostruire una situazione pregressa a lui ignota e della quale non è stato parte.

Quanto alle modalità di assolvimento dell'obbligo, i Collegi hanno precisato che l'intermediario non può limitarsi a esibire documenti incompleti, ma dovrà fornire al ricorrente una documentazione atta a comprovare l'operazione oggetto della richiesta.

Relativamente ai costi, i Collegi hanno ritenuto che, sulla base delle disposizioni vigenti, l'intermediario deve essere ristorato dei soli costi sostenuti per la produzione della documentazione, evidentemente variabili in funzione del tipo e della struttura dei documenti, della loro data di formazione e, più in generale, delle attività necessarie
per reperirli e riprodurli. Pertanto, è stata ritenuta non coerente con il quadro normativo l'indicazione, nel foglio informativo prodotto dall'intermediario, di commissioni e spese in misura fissa e predeterminata relative alle cosiddette ricerche di archivio.

Con riferimento al limite decennale posto alla richiesta di documenti, l'interesse del cliente alla conoscenza di informazioni inerenti a dati e operazioni anteriori al decennio ha trovato, in alcune pronunce, soddisfazione attraverso l'inquadramento della richiesta nell'alveo del Codice in materia di protezione dei dati personali (Codice della privacy).

Si nota, in particolare, che l'interessato ha diritto di ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che lo riguardano e che i diritti di riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell'interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

I Collegi hanno anche affrontato i profili risarcitori connessi a illegittimi dinieghi e/o ritardi nel fornire la documentazione richiesta.

In proposito, conformemente al principio per cui spetta al danneggiato l'onere di fornire la prova di un concreto pregiudizio economico subito, la domanda di risarcimento del danno è stata respinta dove i ricorrenti non abbiano fornito adeguati elementi probatori relativamente ai danni derivati dal ritardo e al relativo nesso di causalità.

Peraltro, è stato ritenuto che possa assumere rilievo il danno ascrivibile al fatto che, a fronte del comportamento certamente da stigmatizzare dell'intermediario resistente, il ricorrente ha dovuto porre in essere una serie di attività, con dispendio di tempo e di risorse, per giungere a ottenere pieno ristoro per quanto accaduto.

Numerosi ricorsi in materia di richiesta di documentazione si concludono con pronuncia di dichiarazione della cessazione della materia del contendere, per l'accoglimento, da parte dell'intermediario, della richiesta del cliente successivamente alla notifica del ricorso stesso.

Le problematiche riguardanti il conto corrente cointestato

Nel caso in cui il conto è intestato a più persone, la possibilità per i cointestatari di compiere operazioni anche separatamente (cosiddetta firma disgiunta) deve essere espressamente prevista dal contratto.

Le condizioni contrattuali possono prevedere peraltro l'inversione di tale regola, precisando che in assenza di specifica disposizione deve presumersi che il conto sia a firma disgiunta.

Quanto agli effetti dell'esecuzione forzata sui rapporti cointestati, il pignoramento sulle somme depositate in un conto corrente bancario cointestato al debitore e a una persona estranea non può riguardare l'intero ammontare del denaro depositato.

In materia di conti correnti cointestati con poteri di firma disgiunta, i Collegi si sono occupati della responsabilità dell'intermediario rispetto alla abusiva gestione del conto da parte di uno dei cointestatari, a danno dell'altro. L'ABF ha attribuito rilievo, ai fini della restituzione, alla circostanza che il prelievo fosse stato realizzato mediante un'unica operazione, sostanzialmente azzerando le disponibilità del conto, da un soggetto che non aveva sino ad allora operato e che aveva poi versato l'importo su altro conto corrente presso il medesimo istituto.

Diversa è stata la conclusione nel caso in cui allo svuotamento del conto si era pervenuti mediante molteplici operazioni di bonifico, trasferimento titoli ed emissione di assegni.

Anche in ipotesi di cointestazione con firma disgiunta, la delega a terzi a operare sul conto da parte di uno solo dei cointestatari non può dirsi valida, con conseguente inesistenza del conferimento del potere rappresentativo: gli atti posti in essere dal procuratore senza rappresentanza sono quindi privi di effetti giuridici e l'intermediario è tenuto alla restituzione dei relativi importi.

Tali atti, inoltre, possono essere ratificati, ma la ratifica deve essere sottoscritta da entrambi i cointestatari del conto.

La problematica del Conto corrente cointestato a firma disgiunta

In tema di responsabilità della banca rispetto alla abusiva gestione, da parte di uno dei cointestatari a danno dell'altro, di un conto corrente cointestato a firma disgiunta, l’ABF ha attribuito rilievo, ai fini dell'obbigo di restituzione imposto alla banca delle somme prelevate, alla circostanza che il prelievo da un conto corrente cointestato a firma disgiunta fosse stato realizzato mediante un’unica operazione, sostanzialmente azzerando le disponibilità del conto, da un soggetto che non aveva sino ad allora operato e che aveva poi versato l’importo su altro conto corrente presso il medesimo istituto.

Quello che segue, il ragionamento logico giuridico che ha condotto l'ABF alla decisione 4334/13.

La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa. Ad esempio, il regime di contitolarità di un conto corrente, anche a firma disgiunta, potrebbe essere superato ogni qual volta il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risultasse discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, con la conseguenza che si deve escludere che l'altro coniuge possa avanzare diritti sul saldo medesimo, a meno che non si tratti di una donazione indiretta. Ma, anche in questa evenienza, la sussistenza di una donazione dovrebbe comunque emergere dalla ricorrenza di circostanze di fatto non equivoche.

Una corretta applicazione del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto dovrebbe indurre la banca a rifiutare operazioni che palesino un carattere del tutto anomalo; anche se le norme di diligenza professionale richiesta alla banca non possono portare automaticamente all'affermazione della sussistenza di un obbligo in capo all’istituto di credito volto a controllare la regolarità delle operazioni nell'ambito di un rapporto regolato in conto corrente a firma disgiunta.

In altri termini, seppure un istituto di credito non può rifiutarsi, di norma, a dar seguito agli ordini di disposizione impartiti da uno dei contestatari di un conto corrente con firma disgiunta, deve al tempo stesso verificare che l’esercizio di detti ordini non avvenga arbitrariamente, in modo da non ledere i corrispondenti diritti sulle medesime somme in capo agli altri contitolari.

Se le somme presenti sul conto corrente a firma disgiunta sono oggetto di conferimenti effettuati esclusivamente dal solo cointestatario A e se quest'ultimo ha operato sempre in via esclusiva sul conto corrente cointestato, nel momento in cui l'altro cointestatario B svuota il conto corrente accreditando la somma prelevata su un altro rapporto a lui esclusivamente riconducibile, la banca è tenuta a coinvolgere l'altro cointestatario A.

Informazione e coinvolgimento si rendono assolutamente necessari quando il prelievo (volto sostanzialmente ad azzerare la posta attiva) avvenga mediante un'unica operazione, posta in essere dal cointestatario che mai aveva sino ad allora operato e finalizzata al versamento del relativo importo su altro conto corrente presso il medesimo istituto, intestato proprio al cointestatario prelevante.

La negligenza che necessariamente va posta a carico alla banca qualora consenta lo svuotamento del conto corrente cointestato, seppure a firma disgiunta, al cointestatario B senza informare e/o coinvolgere il cointestatario A, comporta un danno patrimoniale per il cointestatario A, che deve essere risarcito con la restituzione dell’importo prelevato.

Il rapporto di conto corrente a firma disgiunta quando sussiste la morte di uno dei contitolari

Nella fattispecie di cointestazione del rapporto di conto corrente a firma disgiunta l'evento morte di uno dei contitolari non porta allo scioglimento del rapporto.

Il cointestatario superstite può continuare a utilizzare il conto dovendosi riconoscere piena continuità, pure successivamente alla morte di uno dei cointestatari, dell'efficacia del patto di firma disgiunta e quindi della potestà di compiere operazioni disgiuntamente anche oltre le rispettive quote.

Pertanto, nel caso di morte del cointestatario la facoltà di disporre del saldo deve essere riconosciuta tanto al contitolare superstite, quanto agli eredi del cointestatario deceduto.

La morte di uno dei cointestatari, infatti, non modifica l'obbligazione inizialmente assunta dalla banca (o dall'ufficio postale) nei confronti di ciascun cointestatario, quanto alla sua facoltà di integrale disponibilità del conto con firma disgiunta. Tale obbligo permane sia nei confronti di ciascun contitolare superstite, sia, unitamente tra loro, nei confronti dei coeredi del cointestatario defunto, con l'ovvia avvertenza che i cointestatari superstiti ben possono disporre disgiuntamente del conto corrente, senza il concorso degli altri coeredi ogni volta in cui, come nella specie, intendano esercitare a tale titolo originario la detta loro facoltà.

Unica eccezione in cui la banca è tenuta a pretendere il concorso di tutti cointestatari e degli eventuali eredi, nelle autorizzazioni del singolo prelievo, si ha quando da uno di essi sia stata notificata opposizione anche solo con lettera raccomandata.

Questo l'orientamento assunto dall'Arbitro Bancario Finanziario nella decisione 1673/13.

In caso di addebiti illeciti la contestazione del conto corrente non è soggetta a termini di decadenza

La non contestabilità delle risultanze del conto, derivante dal mancato tempestivo esercizio del diritto diritto di impugnare le partite incluse negli estratti conto, non si riferisce alla validità ed efficacia dei rapporti da cui i rispettivi accrediti ed addebiti derivano.

Inoltre, la mancata contestazione (o approvazione) del conto corrente comporta che il debito fondato su negozio nullo od annullabile o comunque su situazione illecita divenga incontestabile.

Questo il richiamo alla giurisprudenza della Suprema Corte (sentenza 7662/05) in base alla quale l'Arbitro Bancario Finanziario ha accolto, con la decisione 116/13, il ricorso di un cliente che, in ritardo, si era reso conto di rilevanti ammanchi in conto corrente riconducibili a transazioni con carta di credito, fraudolente e mai effettuate.

La banca aveva opposto un netto rifiuto a restituire gli importi addebitati, eccependo che il disconoscimento delle operazioni con carta di credito era stato segnalato dal cliente decorso il termine contrattuale previsto (sessanta giorni dalla data di ricevimento del rendiconto).

Le problematiche di Rid, F24 ed esecuzione degli incarichi nel rapporto di conto corrente

Secondo la disposizione legislativa la banca risponde dell'esecuzione degli incarichi che le siano stati conferiti dal correntista o da altro cliente secondo le regole in tema di mandato.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza, il grado di diligenza cui è tenuto l'intermediario nell'esecuzione delle disposizioni impartite dal cliente è da individuare nella diligenza dell'accorto banchiere.

L'Arbitro ha ritenuto adeguato l'avviso relativo alla mancata esecuzione dell'incarico contenuto in una pagina di assistenza al cliente, inserita all'interno della procedura utilizzata per la
trasmissione dell'ordine, nella quale venivano rese note le ragioni per cui l'operazione non era andata a buon fine.

Inoltre, l'Arbitro si è pronunciato in più occasioni sulla responsabilità degli intermediari in relazione alla mancata o inesatta esecuzione dell'ordine di pagamento impartito dal cliente, con specifico riguardo all'ipotesi in cui quest'ultimo abbia fornito all'intermediario un IBAN inesatto.

Alla fattispecie è applicabile la normativa in materia di servizi di pagamento, la quale dispone che se un ordine di pagamento è eseguito conformemente all'identificativo unico, esso si ritiene eseguito correttamente per quanto concerne il beneficiario e/o il conto indicato dall'identificativo unico. Correlativamente, se l'identificativo unico fornito dall'utilizzatore è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabiledella mancata o inesatta esecuzione dell'operazione di pagamento.

La norma precisa che il prestatore è responsabile solo dell'esecuzione dell'operazione di pagamento in conformità con l'identificativo unico fornito dall'utilizzatore anche qualora quest'ultimo abbia fornito informazioni ulteriori rispetto all'identificativo unico.

La Banca d'Italia prevede che l'utilizzatore, nell'impartire l'ordine di pagamento, deve fornire al proprio prestatore di servizi l'identificativo unico della controparte del pagamento e deve prestare particolare attenzione a che il codice fornito sia esatto.

La normativa stabilisce una presunzione di corretta esecuzione dell'ordine di pagamento ed esclude la responsabilità dell'intermediario per eventuali errori nella comunicazione dell'identificativo unico (IBAN).

L'esenzione di responsabilità opera anche quando il cliente ha fornito informazioni aggiuntive rispetto all'IBAN.

Sul piano generale, la fattispecie in esame è inquadrata dai Collegi nell'istituto dell'indebito soggettivo: di conseguenza, per la restituzione il cliente dovrà rivolgersi al terzo al quale le somme sono state effettivamente accreditate, secondo le ordinarie regole civilistiche.

Come noto, con la procedura RID (rapporto interbancario diretto) il cliente autorizza l'intermediario a eseguire ordini di addebito impartiti da un terzo, sulla base di un rapporto di fornitura (si pensi alla domiciliazione bancaria delle utenze domestiche) o di finanziamento (rimborso di prestiti personali, restituzione di somme utilizzate attraverso carte di credito, rimborso di rate di mutuo, ecc.).

Nel caso in cui l'intermediario proceda ad addebiti in mancanza dell'autorizzazione da parte del cliente, quest'ultimo ha diritto a chiedere il rimborso nei 13 mesi successivi.

In argomento, in linea con la giurisprudenza di legittimità l'Arbitro ha ritenuto che il diniego opposto dalla banca al trasferimento del RID presso altro intermediario, ove non sorretto da adeguata giustificazione, viola il principio di buona fede e correttezza. Incombe sul ricorrente l'onere di provare di aver inoltrato all'intermediario la richiesta di trasferimento della domiciliazione.

Spetta alla banca dimostrare l'eventuale impossibilità di procedere ai pagamenti attraverso la modalità concordata. Il pagamento mediante RID integra infatti una delega concessa dal cliente alla banca a eseguire addebiti automatici sul proprio conto corrente. Nel momento in cui la banca accetta tale delega, si assume la responsabilità di effettuare tempestivamente i medesimi pagamenti.

In tema di pagamento dei tributi mediante modello F24, è stata più volte affermata la non censurabilità della condotta dell'intermediario che abbia rinviato l'esecuzione dell'ordine al primo giorno utile lavorativo, anche se successivo alla scadenza prevista per il pagamento.

Si è inoltre osservato che il pagamento mediante modello F24 configura un'ipotesi di delegazione di pagamento, che può essere revocata dal delegante fino a quando l'intermediario non abbia assunto l'obbligazione nei confronti del beneficiario del pagamento stesso.

Peraltro, laddove l'ordine di addebito venga impartito attraverso procedure esterne, quali gli strumenti telematici resi disponibili dall'Agenzia delle Entrate, modalità e termini della revoca vanno individuati sulla base delle disposizioni che regolano il rapporto con tale soggetto, in quanto l'intermediario non ha alcuna possibilità di intervenire sulle procedure utilizzate dal cliente.

In materia di esecuzione degli ordini di pagamento, l'ABF ha affrontato anche i profili di responsabilità conseguenti al rispetto degli obblighi di adeguata verifica della clientela e di astensione dal compimento di operazioni sospette. Qualora i soggetti destinatari della disciplina non siano in grado di rispettare tali obblighi ovvero non siano in grado di ottenere le informazioni richieste sul cliente e sulla natura e scopo del rapporto continuativo, il decreto vieta all'intermediario di eseguire le operazioni richieste, consentendogli altresì di porre fine al rapporto continuativo o alla prestazione professionale già in essere.

È stata così esclusa la responsabilità di un intermediario che aveva proceduto al blocco del conto corrente intestato a un cliente che non aveva regolarmente evaso la richiesta di produzione di un documento di identità in corso di validità.

In tale occasione è stata evidenziata la necessità, per la banca, di procedere, in caso di rapporti cointestati, ad informare tempestivamente tutti i cointestatari dell'avvenuto blocco di operatività del conto corrente.

Analogamente, l'ABF ha escluso qualsiasi profilo di responsabilità in capo ad altro intermediario che, dopo aver ricevuto la richiesta di prenotazione di un prelievo in contanti di importo significativo, aveva provveduto a effettuare le necessarie verifiche, all'esito delle quali non riteneva di poter dare seguito all'operazione di prelievo.

18 Dicembre 2014 · Giovanni Napoletano


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