Condomìni e morosità » Dalle problematiche generali fino alle vie di fuga alternative: il punto della situazione

Condomìni e morosità » Dalle problematiche generali fino alle vie di fuga alternative: il punto della situazione

Tutto ciò che attiene alle problematiche riguardanti le morosità dei condomini: dalla comunicazione ai creditori, passando per le black list, fino a qualche espediente interessante per salvarsi.

Il fenomeno della morosità in condominio purtroppo, stante anche la profonda crisi economica, è in continua crescita, e sovente pone dei grossi problemi di liquidità delle casse condominiali.

Spesso e volentieri l'amministratore sopperisce alla morosità dei condomini con propri fondi ovvero ripartisce la quota del condomino moroso tra gli altri condomini, quelli in regola con i pagamenti.

Come noto, però, la riforma del condominio apprestata dalla L. 220/2012 ha apportato delle modifiche in merito, prevedendo delle scansioni temporali entro le quali l'amministratore deve attivarsi per il recupero del credito nei confronti del condomino moroso, sotto pena, in mancanza, di una responsabilità personale dello stesso.

Dunque, quali sono le modalità per rivalersi esclusivamente sul singolo condomino moroso, escludendo chi è in regola con i pagamenti?

E, invece, quali sono gli espedienti che possono adottare gli stessi condomini morosi per farla franca?

Facciamo il punto della situazione.

Breve panoramica sulla morosità condominiale

Vi forniamo, innanzitutto, una breve panoramica contenente tutto ciò che concerne la morosità condominiale e la rivalsa sugli inquilini.

Con la riforma del condominio, legge 220/2012, è stato introdotto il principio di solidarietà sussidiaria del debito del condominio, ma è stato anche previsto un meccanismo per evitare di arrivare a situazioni border-line.

Infatti, in presenza di morosi nel condominio, l'amministratore ha l'obbligo di riscuotere i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio.

L'amministratore del condominio può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo per il recupero dei crediti.

La legge di riforma del condominio ha stabilito, infatti, i termini entro i quali l'amministratore del condominio deve adire l'autorità legale per il recupero del credito.

Entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio, l'amministratore deve chiedere un decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo, per il recupero dei crediti. Al contrario, rischia la revoca giudiziaria del suo incarico.

Per quanto riguarda i creditori condominiali, invece, un fornitore di servizi, ad esempio, che deve recuperare il proprio credito nei confronti del condominio, ha l'obbligo di agire innanzitutto nei confronti dei condomini morosi.

Il creditore può chiedere il pignoramento del conto corrente condominiale, ma solo per la parte che concerne le somme versate da condomini morosi, da dimostrarsi tramite la prova documentale fornita dal registro di contabilità condominiale.

L'amministratore di condominio è obbligato a comunicare ai creditori che lo richiedono i dati personali dei condomini morosi.

L'amministratore condominiale, inoltre, può contestare il pignoramento del conto corrente condominiale avanzato da un creditore se sul conto non ci sono versamenti del condomino moroso e, in ogni caso, per la parte delle somme che appartengono ai condomini virtuosi, in regola con le rate pagate.

In linea generale, con la nuova normativa è stato chiarito, innanzitutto, che il creditore deve prima tentare di aggredire il condomino moroso con i pagamenti delle quote condominiali chiedendo all'amministratore di condominio l’elenco degli inadempienti.

In seguito, però, il creditore potrà agire anche nei confronti dei condomini in regola coi pagamenti.

Infatti, a parte l'ipotesi del pignoramento del conto corrente condominiale che, come accennato, può essere contestata dall'amministratore, esiste un altro espediente spesso utilizzato dai creditori per aggirare le norme ed aggredire gli utenti in regola.

Si tratta di effettuare un pignoramento presso terzi nei confronti dei condomini e delle rate mensili da costoro dovute al condominio. Cerchiamo di esprimerci in parole più semplici.

Come chiarito, il cosiddetto pignoramento presso terzi consiste nel pignorare i crediti che il debitore vanta nei confronti di altri soggetti (ad esempio datore di lavoro e stipendio). Il creditore, così, si rivolge direttamente a questi ultimi intimando loro di versare le somme a lui stesso.

Dunque, allo stesso modo, nel caso del pagamento delle rate di condominio, gli inquilini condominiali sono debitori del condominio dei relativi importi mensili. Il creditore, allora, si rivolgerà a questi ultimi, intimando loro di versare le rate non all'amministratore, ma a sé.

Così, chi è moroso resta tale e chi ha già pagato gli oneri (in questo caso direttamente al creditore) dovrà provvedere a versare un extra per consentire la gestione ordinaria.

Il fornitore, pertanto, avrebbe la possibilità, a seguito dell’ordinanza del giudice che gli assegna le somme pignorate, di “intercettare” a proprio favore tali oneri dovuti dai singoli proprietari al condominio a titolo di rate condominiali, evitandone così l’accredito sul conto corrente condominiale.

Come agire esclusivamente contro i condomini in difetto nel caso di morosità

E' possibile agire esclusivamente contro i condomini in difetto nel caso di morosità? Vediamo come.

Come accennato, quando il condomino moroso non paga le spese di condominio arreca un disagio all'intero edificio, mettendo gli altri proprietari nella condizione di non poter pagare i creditori e subire un pignoramento o, in alternativa, di dover ripartire il “buco” di bilancio tra coloro che già hanno pagato le proprie quote, onde scongiurare il rischio dell’interruzioni nei servizi (si pensi alla fornitura di luce, acqua, gas o al servizio di pulizia delle scale).

Così, la riforma del condominio ha inserito delle nuove norme che riducono il rischio di morosità persistenti. Vediamole

Termine entro cui agire con decreto ingiuntivo

Da un lato viene assegnato all’amministratore un termine di 6 mesi entro il quale dover necessariamente procedere a decreto ingiuntivo contro i morosi (decreto ingiuntivo che, ricordiamo, è provvisoriamente esecutivo).

Il termine dei 6 mesi decorre dalla chiusura dell’esercizio in cui la mora è emersa oppure dal giorno dell’approvazione in sede assembleare del rendiconto-consuntivo relativo all'esercizio appena chiuso.

Interruzione dei servizi condominiali

Viene poi prevista la possibilità, se tecnicamente possibile, di sospendere al condomino moroso i servizi condominiali suscettibili di godimento separato.

Ad esempio, è possibile privare il condomino inadempiente del diritto di accedere a taluni locali o servizi condominiali (deposito biciclette, piscina, ecc.).

La comunicazione ai creditori

La sospensione del servizio di riscaldamento centralizzato nella sola unità abitativa del condomino moroso, oltre che spesso di difficile attuazione tecnica, comporta notevoli problematiche giuridiche, essendo da più parti segnalato il problema della violazione del diritto alla salute costituzionalmente tutelato.

Dubbi sussistono anche in merito alla chiusura della tubatura di diramazione dell’acqua.

In ultimo, ma non per importanza, l’obbligo, assegnato all'amministratore, di comunicare ai creditori del condominio (fornitori, manutentori, ecc.), i cui crediti non siano stati ancora pagati, e che lo chiedano espressamente, quali sono i nomi e i dati dei condomini morosi.

Ciò perché viene imposto a tali creditori di agire prima contro i morosi in maniera diretta, e poi eventualmente, solo in caso di insuccesso nel tentativo di pignoramento, contro quelli in regola.

Tale comunicazione costituisce un vero e proprio obbligo per l’amministratore che, pertanto, non viola la privacy dei condomini inadempienti.

Come la giurisprudenza interpreta la comunicazione ai creditori in materia di morosità in ambito condominiale

Come la giurisprudenza interpreta la comunicazione ai creditori in materia di morosità in ambito condominiale.

L’obbligo di fornire ai creditori la black list dei cattivi pagatori è stato però oggetto di alcune interpretazioni che, a quanto sembra, ne hanno ridotto fortemente la portata deterrente.

Ci riferiamo, in particolar modo, alla sentenza del Tribunale di Tivoli, secondo cui l’elenco che l’amministratore deve fornire ai creditori non deve riguardare tutti i condomini genericamente non in regola con le spese mensili, ma solo quelli che non hanno pagato la specifica quota inerente al contratto per il quale il creditore intende procedere al pignoramento.

Restano, quindi, esclusi dalla lista nera tutti coloro che, seppur non in regola con le altre spese, hanno però pagato la loro parte relativamente al singolo fornitore.

Un esempio chiarirà meglio la questione.

Mettiamo che, all'interno di un condominio, i condomini A e B non abbiano pagato la quota di spesa, a loro attribuita in base ai millesimi, relativa al consumo di acqua.

Invece i condomini C e D non hanno pagato la quota di spesa, a loro attribuita in base ai millesimi, relativa al pagamento della ditta che ha effettuato la ristrutturazione della facciata.

Se quest’ultima, la cui fattura non è stata pagata, intende agire in esecuzione forzata, l’amministratore, nel consegnare ad essa l’elenco dei condomini non in regola con i pagamenti, dovrà fornire solo i dati di C e D, ma non e non già di A e B.

Dunque, ne consegue che la ditta dovrà prima tentare il pignoramento contro C e D e poi, solo in via sussidiaria, contro A, B e gli altri condomini.

Dunque, l’amministratore condominiale non può fornire ai creditori un elenco indistinto di condomini in cui non sia in alcun modo evidenziato lo specifico debito relativo al contratto con il terzo.

Il condominio, dunque, deve comunicare al creditore i nominativi, i dati e le rispettive quote dovute dai condomini morosi, con indicazione completa delle generalità e delle carature millesimali di ciascun obbligato ma solo con specifico riferimento ai crediti vantati dal creditore che intende agire e non anche a quelli degli altri creditori.

La cessione del credito riguardo la morosità condominiale

Anche in tema di morosità condominiale può essere applicata una sorta di cessione del credito: vediamo come.

La cessione del credito, nonostante sia scarsamente utilizzata, è consentita dalla legge anche in ambito condominiale, a patto che non sussistano i divieti previsti dall'articolo 1261 del Codice civile.

L'amministratore può cedere a terzi un credito vantato dal condominio verso il condomino moroso e la cessione, come stabilito dall'articolo 1260 del Codice civile, avviene anche senza il consenso del debitore (che comunque deve essere informato) e quindi soltanto in forza dell'accordo tra cedente, ossia condominio, e cessionario, ad esempio la ditta che ha eseguito i lavori di manutenzione nello stabile.

Non serve il sì dell'assemblea: per la cessione del credito a terze parti, senza sconti, l'amministratore non necessità dell'approvazione dell'assemblea di condominio.

Pur essendo tecnicamente consentita la cessione pro-solvendo, con il cedente che risponde dell'inadempienza del debitore, in condominio deve operare la formula della cessione pro-soluto, dove il cedente, vale a dire il condominio, garantisce solamente l'esistenza del credito e non risponde dell'eventuale insolvibilità del debitore.

Cerchiamo di esprimerci in termini più semplici.

Dopo la riforma del condominio era stato consentito ai creditori di rivalersi nuovamente sui condomini virtuosi, ma solo in seconda battuta, ovvero dopo avere agito nei confronti dei morosi e non avere ottenuto nulla, configurandosi così il cosiddetto “beneficio di escussione”.

Quella dei creditori può essere definita un'azione “surrogatoria”, nel senso che si realizza soltanto in caso di mancato intervento dell'amministratore, il quale, salvo essere espressamente dispensato dall'assemblea, è tenuto ad agire per la riscossione forzata delle somme dovute dagli obbligati, entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, attraverso un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, che non necessita dell'approvazione dell'assemblea.

Lo stesso amministratore ha il compito di comunicare ai creditori che ne avanzino richiesta i dati (nomi e quote millesimali) dei condomini insolventi e, qualora la mora nel pagamento dei contributi si protragga per un semestre, può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

Però, vista l'oggettiva difficoltà di recupero del credito da parte, per esempio, del fornitore, è possibile che quest'ultimo e il condominio si accordino preventivamente, in sede di contratto di appalto.

Così, a fronte di uno sconto sul prezzo della fornitura, ad esempio, i condomini rinunciano alla parziarietà delle loro obbligazioni, facendo rivivere il principio della solidarietà.

Per tale pattuizione non si ritiene, però, sufficiente una delibera a maggioranza, occorrendo invece l'unanimità dei consensi di tutti i condomini, che dovranno anche sottoscrivere il contratto.

La rinuncia alla parziarietà dell'obbligazione incide, infatti, sui diritti individuali di ciascun condomino, di cui la maggioranza non può disporre.

Salvo ritenere che, una volta costituito il fondo speciale, quest'ultimo appartenga al patrimonio autonomo del condominio del quale i singoli condomini non possono più disporre.

Le nuove regole sui pignoramenti in soccorso dei condomini in stato di morosità

Le nuove regole sui pignoramenti e le aste infruttuose possono venire in aiuto dei condomini in stato di morosità? Facciamo chiarezza.

La riforma del processo civile, appena approvata dalla Commissione Giustizia della Camera e pronta per gli esami finali prima del voto, prevede una forte limitazione dei pignoramenti immobiliari che ora rischiano di fare la stessa fine di quelli mobiliari: una misura del tutto inutile che spesso si risolve in una perdita di tempo e in una spesa per il creditore.

Che cosa cambia in particolare? Non più una serie infinita di esperimenti d’asta al ribasso, fino a raggiungere un prezzo “stracciato”, ma solo quattro tentativi, di cui l’ultimo “a offerta libera”.

Se neanche questo va a buon fine, il giudice chiude definitivamente il pignoramento e l’immobile torna nella piena disponibilità del debitore.

L’effetto sui condomìni sarà diretto?

Beh, sino ad oggi, nella gran parte dei casi di mancato pagamento degli oneri condominiali, l’unico sistema utile per la riscossione forzata è sempre stato quello di mettere all'asta la casa del debitore.

Ciò per via della stretta dipendenza tra le spese condominiali e la proprietà dell’immobile: ogni condomino moroso è necessariamente proprietario di una casa posto che solo il titolare del bene è tenuto al pagamento degli oneri all'amministratore.

Inoltre, per giurisprudenza costante, neanche il fondo patrimoniale, eventualmente costituito dal debitore sulla casa, è opponibile al condominio creditore: per cui, pur dopo il decorso dei cinque anni necessari alla revocatoria, l’amministratore può sempre chiedere il pignoramento dell’appartamento.

Le spese di condominio rientrano, infatti, tra quelle contratte per le esigenze della famiglia, cui il fondo non è mai opponibile.

Che succedeva, dunque, nel caso in cui gli importi non pagati dal condomino siano particolarmente elevati, divenendo il pignoramento dell’eventuale stipendio o della pensione del tutto inutile?

Oppure nel caso di una società coi bilanci in rosso e il conto corrente costantemente vuoto? Oppure quando il condomino è un nullatenente (a parte, ovviamente, l’immobile)?

L’unica arma del condominio è ed è sempre stata quella dell’ipoteca e del successivo pignoramento della casa.

Ora però la riforma rischia di minare anche quest’ultima possibilità di riscossione.

E ciò perché quattro tentativi di asta potrebbero essere del tutto insufficienti per trovare un acquirente.

Peraltro, non poche volte le perizie effettuate dai consulenti dei giudici in tribunale, volte a stabilire il prezzo di base da cui devono partire le varie offerte di vendita, tendono a sovrastimare l’immobile rispetto al suo effettivo valore.

Con la conseguenza che, per allinearsi al prezzo di mercato, la base d’asta deve subire almeno due o tre ribassi; solo successivamente l’immobile può dirsi appetibile. Ma da domani tutto questo tempo potrebbe non esserci più e il pignoramento verrà chiuso in breve tempo.

Risultato?

O il condominio stesso deciderà di acquistare l’immobile pignorato entro i primi quattro esperimenti d’asta, per poi rivenderlo e lucrare sulla differenza – magari sfruttando la nuova agevolazione fiscale che prevede l’abbattimento dell’imposta di registro -oppure i condomini in regola coi pagamenti dovranno ricorrere ai ripari e ripianare le perdite con i propri risparmi.

24 Febbraio 2016 · Andrea Ricciardi




Commenti e domande

Per porre una domanda sul tema trattato nell'articolo (o commentarlo) utilizza il form che trovi più in basso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato (ma potrebbe essere utile per soddisfare eventuali esigenze di contatto). I campi obbligatori sono contrassegnati con un (*)


Se il post è stato interessante, condividilo con il tuo account Facebook

condividi su FB

    

Seguici su Facebook

seguici accedendo alla pagina Facebook di indebitati.it

Seguici iscrivendoti alla newsletter

iscriviti alla newsletter del sito indebitati.it




Fai in modo che lo staff possa continuare ad offrire consulenze gratuite. Dona!