Separazione dei beni ma residenza in comune – paga anche il coniuge non debitore

Coniuge con debiti - C'è separazione dei beni ma la residenza resta in comune

Sposato in regime di comunione dei beni, qualche anno dopo ho fatto la separazione dei beni registrando l'atto e in seguito c'è stata una separazione di fatto dal coniuge, il quale trasferisce la residenza in altra località.

Nel 2008 il coniuge ha problemi abitativi, pertanto è ospitato e qualche tempo dopo per favorire il rilascio dei documenti d’identità e assistenza sanitaria concedo la residenza.

Nel frattempo un'agenzia di recupero credito, che in precedenza non trovava il coniuge debitore, riesce a trovarlo presso di me e chiede, giustamente, il credito vantato asserendo di voler procedere eventualmente a ingiunzione e successivi pignoramenti di beni mobili nel mio alloggio.

Perché devo rimetterci ancora una volta con i miei beni? Possono procedere a pignoramento di beni nonostante la separazione e cosa posso fare per evitare tale proceduta?

Residenza in comune con coniuge debitore e presunzione legale di proprietà

Il problema è che il debitore, o meglio la debitrice, risiede presso di lei: tutti i beni mobili rinvenuti nella residenza del debitore, si presumono di appartenenza del debitore (Cass., 29 agosto 1994, numero 7564; Cass., 11 aprile 1986,n. 2553). Trattasi di presunzione iuris tantum che potrà essere vinta dal terzo che si assuma proprietario dei beni pignorati attraverso il rimedio dell'opposizione di terzo all'esecuzione (vedi articoli 619 seguenti codice di procedura civile), ferme le limitazioni alla prova testimoniale previste da questo particolare mezzo di opposizione.

Articolo 619 codice di procedura civile - Il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice dell'esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei beni.

Il giudice fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto.

Se all'udienza le parti raggiungono un accordo il giudice ne dà atto con ordinanza, adottando ogni altra decisione idonea ad assicurare, se del caso, la prosecuzione del processo esecutivo ovvero ad estinguere il processo, statuendo altresì in questo caso anche sulle spese; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell'articolo 616 tenuto conto della competenza per valore

Articolo 621 codice di procedura civile - Il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell'azienda del debitore, tranne che l'esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore.

Insomma per provare che i beni rinvenuti nella casa presso cui risiede il debitore appartengono ad un terzo, quest'ultimo deve esibire le fatture di acquisto.

Oppure, è necessario stipulare un contratto di comodato gratuito con la co-residente debitrice.

La registrazione di un atto privato può essere effettuata in qualsiasi ufficio dell'Agenzia (quindi non nell'ufficio di competenza territoriale rispetto al proprio domicilio fiscale), scelto tenendo presente solo la propria comodità, ma è importante recarvisi avendo già con sé:

  1. l'originale e la fotocopia dell'atto da registrare,
  2. marche da bollo da 10,33 euro da applicare su originali e copie ogni quattro facciate scritte e comunque ogni 100 righe
  3. attestato di versamento mod. F23 in originale;
  4. il prestampato per la richiesta di registrazione (md. 69) che trova presso gli uffici dell'Agenzia o qui.

8 Ottobre 2012 · Genny Manfredi


Commenti e domande

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2 risposte a “Separazione dei beni ma residenza in comune – paga anche il coniuge non debitore”

  1. bias ha detto:

    Fra i coniugi vige la separazione dei beni. La residenza è comune. Uno dei coniugi è oggetto di pignoramento mobiliare. I beni rinvenienti nel domicilio comune, e possibili oggetto di pignoramento, appartengono all’altro coniuge mediante atti di provenienza certa: fatture – ricevute, etc. È possibile che, di fronte alla certezza di proprietà, l’ufficiale preposto, possa procedere comunque al pignoramento dei beni rinvenuti nel comune domicilio?

    • Potrebbe capitare: infatti, l’ufficiale giudiziario, alla luce della sentenza della Corte di Cassazione numero 23625 del 20 dicembre 2012, non può comunque esimersi dal procedere al pignoramento. All’effettivo proprietario resta la possibilità di ricorrere allo strumento processuale dell’opposizione del terzo all’esecuzione.

      In altre parole, l’attività dell’ufficiale giudiziario è meramente esecutiva e non può mai ammettersi che egli abbia il potere discrezionale di decidere autonomamente di rifiutarsi di procedere al pignoramento mobiliare dei beni che si trovano nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti.

      Questa conclusione trova il conforto di due ulteriori considerazioni. Da un lato, c’è un aspetto pratico: consentire che l’ufficiale giudiziario si rifiuti di procedere al pignoramento per il fatto che il debitore gli esibisce una documentazione attestante, in astratto, l’appartenenza dei beni ad altri, finirebbe col vanificare, molto spesso, le finalità dell’esecuzione forzata, rimettendo alla valutazione dell’ausiliario ciò che, invece, può e deve essere valutato soltanto dal giudice.

      In secondo luogo, poi, non può tacersi che la legge prevede un rimedio apposito, ossia l’opposizione di terzi all’esecuzione, per risolvere ogni questione relativa all’eventuale pignoramento, da parte dell’ufficiale giudiziario, di beni che non appartengano al debitore ancorché siano nella sua apparente disponibilità. Proprio perché non si può escludere che vengano (inconsapevolmente) pignorati beni che appartengono in effetti ad un terzo, la legge lascia a quest’ultimo la facoltà di scelta: l’articolo 619 del codice di procedura civile., infatti, consente il ricorso a tale strumento per il caso in cui un terzo pretenda di avere “la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati.

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