Compravendita automobile – anche un assegno circolare può nascondere la truffa

Può accadere che si venda l'automobile e si pretenda, per evitare di incappare in una truffa, il pagamento con un assegno circolare. Per maggiore scrupolo, ci si reca anche in banca per chiedere all'impiegato allo sportello di verificare la validità del titolo. Solo dopo le rassicurazioni ricevute circa la regolarità dell'assegno circolare, si consegna il libretto di circolazione.

Prudenza da manuale. Ma, purtroppo, non basta. Capita che il giorno seguente la banca ci comunichi che l'assegno circolare non sarebbe stato onorato in quanto oggetto di un tentativo di falsificazione ai danni della banca emittente.

Il titolo, pur sottoposto all'esame del cassiere, infatti, si caratterizzava per la presenza di due significative grossolane anomalie. Per un verso, il circolare, apparentemente emesso da una notissima banca popolare, recava dattiloscritto l'articolo "la" anteposto al nome della banca. In secondo luogo il numero dell'assegno indicato nel corpo del titolo risultava palesemente difforme da quello stampigliato in calce allo stesso.

Situazione allucinante. Cosa fare? Si comincia con il recarsi in banca per ottenere dal direttore spiegazioni su ciò che ci appare inspiegabile. E il direttore, con aplomb inglese e atteggiamento quasi infastidito, conferma la correttezza del comportamento del proprio dipendente, il quale avrebbe impiegato la "prevista diligenza" nella valutazione a vista dell'integrità del titolo presentato, e ci spiega che l'assegno circolare, in quanto emesso da altro istituto, non poteva non essere soggetto al versamento "salvo buon fine". L'unica procedura per verificare la validità di un assegno circolare, aggiunge il responsabile della filiale, è la formale richiesta del "bene emissione", mentre l'addetto allo sportello non è autorizzato a, nè è in condizioni di, fornire un tale servizio.

Ora, il prevalente orientamento giurisprudenziale in materia esige, da parte delle banche, il dispiegamento di un grado di diligenza qualificata, in quanto consono allo status professionale dell'operatore bancario. Neppure, tuttavia, può trascurarsi che la pur più indulgente e minoritaria lettura giurisprudenziale, che tende invece ad ascrivere il grado di diligenza comportamentale richiesto alla banca al modello ordinario della media accortezza e avvedutezza, non manda esente la banca da responsabilità in caso di colpa grave, la quale ricorre, nei casi analoghi a quello descritto, allorché l'anomalia presentata dall'assegno circolare sia macroscopica, ossia ictu oculi rilevabile anche attraverso un esame sommario del titolo.

D'altra parte, come sopra riportato, l'assegno circolare sottoposto all'esame del cassiere si caratterizzava per la presenza di due significative grossolane anomalie: l'articolo "la" anteposto al nome della banca e il numero dell'assegno indicato nel corpo del titolo difforme da quello riportato in calce. Si tratta, in entrambi i casi, di difetti assolutamente evidenti, percepibili attraverso un grado di diligenza non già professionale, ma chiaramente medio, tanto più quanto più si consideri che l'indiscussa notorietà dell'apparente emittente porta a ragionevolmente escludere che si trattasse della prima volta che il cassiere della resistente venisse a contatto con un titolo di tale emittente e che quindi sussistesse una pur minima familiarità con il "look" degli assegni di quest'ultimo.

Ma, ancor più, marchiano e madornale, nel risultato contraffattorio del maldestro falsificatore, si rivela la profonda discrasia fra i numeri del titolo posti a pochi centimetri l'uno dall'altro. Dettaglio che agli occhi non già di un navigato cassiere, ma anche di un novizio, non poteva non sfuggire.

Né vale opporre che il cliente non avrebbe formalmente richiesto il "bene emissione", ovvio essendo che la richiesta di saggiare la validità del titolo esprimesse il bisogno di sapere, da una voce professionale (quella del cassiere della banca di propria fiducia), se l'assegno presentasse o meno elementi tali da lasciar dubitare della sua autenticità. E tale richiesta la banca, facendo ricorso ad minimo grado di diligenza, avrebbe potuto agevolmente e utilmente soddisfare rilevando la palese contraffazione del titolo.

Per i motivi appena esposti l'Arbitro Bancario Finanziario, con la decisione numero 667 del 2 marzo 2012, ha condannato la banca a risarcire i danni patiti dal cliente.

2 Aprile 2014 · Ornella De Bellis




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