Cattolici, seguite l’esempio di papa Alessandro VI – Lui non utilizzava contraccettivi

Rodrigo Borgia, nipote di Papa Callisto III, al secolo Alonso de Borja, fu da questi elevato alla porpora a soli 25 anni e volle italianizzare il suo nome in Borgia, così come aveva fatto in precedenza lo zio Papa. Successivamente ricoprì anche l'incarico di Vicecancelliere della Chiesa romana.

Rodrigo Borgia era un uomo dissoluto e un libertino impenitente e come tale si comportò per tutta la vita: da laico, da Cardinale e da Papa  ancora di più, senza minimamente preoccuparsi di celare agli altri questa sua scandalosa condotta di vita.

Il  percorso terreno di papa Alessandro VI fu disseminato di numerosi figli, ovviamente tutti illegittimi. Da una relazione con Giovanna Cattanei, detta Vannozza, nacquero quattro figli ed altri tre nacquero da una donna sconosciuta. Nel corso del suo pontificato gli nacquero altri due figli, mentre la sua amante ufficiale fu Giulia Farnese, moglie di Orsino Orsini.

Quando divenne Papa Rodrigo Borgia aveva già sette figli (di cui quattro avuti dall'amante "ufficiale", Vannozza Cattanei e tre da altre donne), una nuova amante, una situazione "familiare" decisamente intricata. E quest'uomo privo di scrupoli, che aveva costruito la sua strada per il potere con sagacia e pazienza, aveva però il suo tallone d'Achille: non tanto la sua esuberante passionalità, quanto il suo amore sviscerato per i figli, per i quali, come vedremo più avanti, mosse i suoi pochi, ma gravi, passi falsi. Forse, quando divenne l'uomo più potente della Terra, Padrone delle chiavi del Cielo, accarezzò anche, nel più profondo del suo animo, un folle sogno dinastico, che avrebbe trasformato la famiglia Borgia, di piccola nobiltà spagnola, nella famiglia più potente del mondo, per generazioni e generazioni.

Un sogno folle, che non possiamo che ipotizzare. Ma comunque una follia permeava un mondo dove era cosa normale e accettata che un uomo di Chiesa, non potendosi sposare, avesse una o più amanti, dove ormai solo l'apparenza contava. E parliamo di follia non tanto per un discorso morale, il peccato essendo compagno di strada quotidiano di ognuno, quanto per la doppiezza che si impone come modello di vita quando, nello sfascio morale, la salvezza delle apparenze diviene essenziale. Se ben guardiamo, lo stesso biasimo di Pio II per l'episodio dell'orgia di Siena ha qualcosa di grottesco. Logica avrebbe voluto che un Principe della Chiesa, colto in un tale peccato, subisse una durissima punizione. Ma in fondo quello che si rimproverava all'allora giovane Borgia non era tanto il peccato carnale, quanto che la cosa fosse divenuta oggetto di pettegolezzo. E Rodrigo Borgia dimostrò di essere il campione di questo mondo artificiale e schizofrenico. Nell'autunno del 1474 il notaio Camillo Beneimbene venne chiamato a Palazzo Borgia a presiedere una cerimonia nuziale, onorata dalla presenza del cardinale stesso, tra Vannozza Cattanei e messer Domenico d'Arignano, di professione "funzionario ecclesiastico". Si sarebbe detto che si celebrava il matrimonio di un parente povero ma caro al cardinale, che per particolare benevolenza gli aveva concesso l'uso della sua dimora sfarzosa per la cerimonia.

La realtà era ben diversa. Questo matrimonio non fu che il primo di una lunga serie di atti formali con cui il cardinale Rodrigo Borgia intendeva dare "copertura legale" alla propria amante e ai figli che dalla stessa avrebbe avuto. Il marito morì pochi mesi dopo il matrimonio e Vannozza restò vedova per quattro anni, durante i quali dette alla luce due figli, Juan e Lucrezia, che vennero ad aggiungersi al primo, Cesare, nato un anno esatto dopo le nozze. Nei quattro anni successivi, Vannozza si sposò altre due volte, sempre con uomini scelti da Rodrigo Borgia, e mise al mondo altri due figli, Joffre e Ottaviano. Quest'ultimo fu l'unico riconosciuto dal legittimo marito, ma anche sulla paternità di Joffre esistevano dei dubbi, che lo stesso Borgia esprimeva nei momenti di collera.

Del resto questi "incidenti" erano inevitabili in una situazione così delicata: il cardinale sceglieva i mariti per l'amante, preoccupato di dare sempre a quest'ultima una situazione di "legittimità". Ma doveva certamente convincere con sostanziosi argomenti gli sposi "pro-tempore" a subire una situazione che era una bazza per i pettegolezzi romani. E poteva darsi che un marito "formale" volesse dimostrare di essere anche un marito "sostanziale". Vannozza Cattanei veniva dai ranghi della più bassa nobiltà, e secondo i più maligni era una delle tante cortigiane, più abile di altre.

3 Ottobre 2008 · Patrizio Oliva




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3 risposte a “Cattolici, seguite l’esempio di papa Alessandro VI – Lui non utilizzava contraccettivi”

  1. lyones56 ha detto:

    I papi che fanno bunga-bunga, preti&prelati pedofili povera chiesa si sta inabissando nella melma;quanti scheletri che vi sono negli armadi del VATICANO.-

  2. pinco ha detto:

    Sarebbe cosa buona che la CHIESA oltre a chiedere perdono per le malefatte che ha fatto durante gli anni bui dell’inquisizione, DICHIARASSE SANTE TUTTE LE PERSONE CHE HA FATTO BRUCIARE SUL ROGO PER ERESIA, che fra Italia Francia Spagna e Portogallo sono migliaia se non centinaia di migliaia, con l’annientamento di paesi interi (vedi Catari). Due nomi illustri che sono stati arsi vivi sono GIROLAMO SAVONAROLA E ARNALDO DA BRESCIA, mentre nel frattempo c’era il papa, l’antipapa,e l’antipa del papa e de’llantipapa. Non ditemi che erano altri tempi, il Vangelo è sempre quello sia allora che ora.Da ricordare inoltre che anche GALILEO GALILEI ha rischiato grosso.

  3. Aldo Cazzullo ha detto:

    «Non lo confessano nemmeno più. Non lo sentono come peccato. Il tradimento, sì. La masturbazione, i giochi sessuali tra maschi, anche. La pillola del giorno dopo, talvolta. Ma il preservativo proprio no. Una ragazza mi ha chiesto: “Cosa toglie all’amore un pezzo di plastica?”. Non è stato facile risponderle».

    C’è, alla periferia di Roma, un parroco — «non scriva il mio nome», chiede sorridendo, «se no mi scomunicano» — di grande esperienza e umanità. Studi di teologia a Roma; formazione in una parrocchia di campagna, in una provincia prima molto democristiana poi molto leghista; ritorno nella capitale. La sua chiesa è in un quartiere popolare — gente di borgata e piccola borghesia —, ma è frequentata anche dai benestanti delle ville non lontane della Cassia. «Però è caduta la differenza di un tempo, quando tra i borghesi, almeno tra le donne, c’era maggiore rigidità, e i ceti popolari avevano costumi più disinibiti. Oggi i giovani sono tutti, o quasi, disinibiti». Il parroco non tradirebbe mai un segreto personale ricevuto in confessione. Ma accetta di raccontare come si allarghi ogni giorno di più la distanza tra precetti e vita, denunciata ieri anche dal Papa. «I rapporti prematrimoniali si confessano di rado. Come i rapporti con le prostitute. Di preservativo, poi, in confessionale non si parla mai. La pillola, ancora peggio. Una sola volta, una diciassettenne che aveva preso la pillola del giorno dopo ha sentito il bisogno di raccontarlo, davanti agli altri ragazzi: l’ha vissuta come un fatto abortivo, come una cosa che non si fa. I metodi naturali, indicati dalla chiesa, non sanno cosa siano. Ne parliamo, verso la metà del corso prematrimoniale: il metodo Ogino-Knaus, il calcolo della temperatura basale… Occhi sgranati. Domande cui è difficile rispondere. “Perché il preservativo è peccato e non lo è il coito interrotto, che magari si conclude in forme poco rispettose della donna?”. Rispondo che se c’è il consenso della donna non c’è mancanza di rispetto, che comunque il coito interrotto non è consigliato, e in ogni caso non ci dev’essere onanismo. Ma mi accorgo di essere lontanissimo dalla loro sensibilità. L’impressione è che più la Chiesa radicalizza la sua posizione, più i giovani la percepiscono come distante, e quindi si sentono liberi». Non è sempre stato così. «Quando studiavo teologia, ricordo che in alcune basiliche romane i confessori indagavano, facevano domande specifiche, entravano nei dettagli; fino a quando i superiori non li hanno richiamati. Nella diocesi del profondo Nord, i parroci erano molto moralisti, inculcavano una mentalità rigida. Ogni domenica pomeriggio, ai Vespri, insegnavano a fare l’esame di coscienza, comandamento per comandamento, e si soffermavano in particolare sul sesto: “Chiedetevi se avete rispettato il vostro corpo e quello del coniuge, se avete avuto rapporti non puri…”. Così i fedeli si confessavano recitando formule antiche: “Ho commesso atti non puri”, “ho avuto rapporti non corretti”, e anche: “Ho fornicato”. Un uomo mi raccontò di averci messo dieci anni a scoprire com’era fatta la moglie: pensavano che fare l’amore a luce accesa fosse peccato. Ma vedevi anche le nuove generazioni cambiare, convivere prima del matrimonio, sorridere del parroco che cominciava l’omelia denunciando i due giovani sorpresi in intimità davanti alla chiesa. Adesso capita di ricevere confidenze, ma più facilmente fuori dal confessionale. A volte sono il primo a sapere che una donna è incinta, o ha difficoltà a restarlo. Ma per il resto non c’è verso: “Se ci amiamo, cosa c’è di male?”. “A me la pillola l’ha data il ginecologo per la mia salute, perché non dovrei?”. Fanno coincidere sesso e amore, li confondono: “Sì, ci siamo lasciati, ma in quel momento lì ci amavamo”. Mi dicono che la Chiesa dovrebbe occuparsi del Vangelo, non del sesso; e non mi capiscono, quando rispondo che anche così predichiamo il Vangelo».

    «Questo Papa è considerato intelligentissimo, ma distante. Io non la penso così, però i fedeli considerano che la Chiesa abbia compiuto un passo indietro, che sia più tradizionalista, meno misericordiosa. È accaduto anche con Giovanni Paolo II, all’inizio; poi hanno imparato ad amarlo. Ho portato un gruppo di giovani a Sydney per le Giornate della Gioventù, li ho visti molto sensibili ai messaggi forti di Benedetto XVI. Si comincia a trovare qualche ragazza che crede nella castità, che vive la verginità fino al matrimonio. Credo sia giusto indicare ai giovani, anche ai più disinibiti, un obiettivo, un cambiamento, un cammino. Sono un confessore, non un investigatore: invito all’esame di coscienza; non faccio troppe domande, cerco di far sì che ci arrivino da soli. E, quando mi fanno notare che ci sono peccati più gravi, rispondo che hanno ragione».

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