Cartella esattoriale – sempre impugnabile anche se emessa in base alla dichiarazione dei redditi

Il contribuente può contestare una pretesa tributaria anche in sede di impugnazione della cartella emessa sulla base delle sue dichiarazioni: purché ovviamente tale cartella costituisca il primo atto con cui la pretesa viene portata a conoscenza dei contribuente. E non è affatto necessario che il contribuente versi quanto chiesto in cartella e quindi presenti domanda di rimborso, impugnando il silenzio-rigetto.

La Corte di Cassazione era stata chiamata ad esprimersi dopo che le Commissioni Tributarie, provinciale e regionale, avevano respinto ricorso ed appello di un professionista che sosteneva il non assoggettamento ad IRAP dei suoi redditi professionali relativi all'attività svolta nell'anno 2003.

Il motivo dei due rigetti consisteva nella circostanza che la contestazione del professionista era rivolta contro la cartella esattoriale emessa a seguito della denuncia dei redditi presentata dal contribuente stesso.

Con l'ordinanza numero 4003 del 19 febbraio 2013 i giudici di piazza Cavour hanno ricordato che già con la sentenza numero 9872 del 5 maggio 2011, la Corte di Cassazione ha affermato che il contribuente può contestare, anche emendando le dichiarazioni presentate all'Amministrazione finanziaria, l'atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; e tale contestazione deve farla proprio impugnando la cartella esattoriale, non essendogli consentito di esercitare l'azione di rimborso dopo il pagamento della cartella.

Infatti, in difetto di impugnazione della cartella, risulta precluso il rimborso previsto dall'articolo 38 del DPR 29 settembre 1973, numero 602.

30 Maggio 2013 · Ornella De Bellis


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