Call center molesti » Intervento del garante della privacy

L'Autorità per la tutela della privacy definisce le regole per i Call center molesti

Stop alle telefonate "mute" dai call center: l'Autorità per la tutela della privacy definisce regole per una pratica commerciale che che può arrivare a indurre stati di ansia e disagio nei destinatari.

Il telefono squilla, voi rispondete ma dall'altra parte c’è solo il silenzio.

È il silenzio di chi ci appresta a venderci qualcosa, la nuova frontiera del telemarketing importuno.

Le telefonate mute a scopo commerciale sono state così frequenti negli ultimi tempi da spingere l'Autorità per la tutela della privacy a intervenire con alcune regole, per la prima volta.

Si cerca così di bloccare un fenomeno che ingenera nel chiamato particolari ansietà, allarme, sospetto, fastidio e disappunto, oltre alla frustrazione connessa al senso di impotenza e all'incapacità di reagire all'evento.

Il provvedimento sui call center molesti nel dettaglio

Sono pervenute all'Autorità numerosissime segnalazioni da parte di interessati che hanno lamentato la ricezione di chiamate indesiderate.

Tra esse, oltre alle telefonate a carattere commerciale effettuate con intervento dell'operatore, sono state oggetto di segnalazione fin dalla seconda metà del 2011 anche moltissime telefonate cd. "mute" (quelle cioè nelle quali la persona contattata, dopo aver sollevato il ricevitore, non viene messa in comunicazione con alcun interlocutore), la cui ricezione reiterata e continua, a volte anche per 10-15 volte di seguito e spesso protratta nel tempo, ha cagionato un particolare disturbo ai destinatari ai quali, in difetto appunto di interlocutore, sono stati preclusi tutele e rimedi.

Le telefonate "mute", come emerge anche dal testo di numerose segnalazioni e dalla lettura di svariati blog reperibili in internet dedicati allo specifico tema, ingenerano nel chiamato ansietà, allarme, interrogativi circa la provenienza e disappunto, sia poiché si è naturalmente portati a porle in diretta relazione con comportamenti illeciti (controlli indebiti, molestie, verifiche di malintenzionati preliminari alla commissione di eventuali reati, quali furti o aggressioni etc.), sia perché si ha la sgradevole sensazione dell'impossibilità di essere messi in contatto con qualcuno potenzialmente foriero di rilevanti informazioni.

Non sono state rare, infatti, le segnalazioni nelle quali gli interessati hanno corredato di significativi particolari le loro denunce: l'avere figli adolescenti fuori di casa, genitori anziani non conviventi, familiari malati etc.

In tutti i casi, all'ansia ed al fastidio si associa la frustrazione connessa al senso di impotenza e all'incapacità di reagire all'evento.

Il fenomeno è stato oggetto di interesse anche in altri Paesi, nei quali si è provveduto a porre le basi per una sua regolamentazione.

L'Autorità per la tutela della privacy si pone, nell'approccio al descritto fenomeno, l'esclusiva ed istituzionale finalità di tenere nel debito conto le ragioni degli interessati e le loro legittime aspettative di tutela.

Nel convincimento, tuttavia, che siano, così, salvaguardate anche l'operatività e l'efficienza degli operatori di telemarketing, dal momento che le chiamate "mute" comportano spesso l'effetto di compromettere qualsiasi futura disponibilità dell'interessato all'ascolto e all'adesione alla proposta commerciale.

Per queste ragioni, specie in una prospettiva di medio-lungo periodo, l'adozione di accorgimenti e correttivi tesi alla riconduzione del fenomeno entro fisiologici limiti di tollerabilità soddisfa l'interesse di tutti i soggetti coinvolti all'adozione di comportamenti e pratiche commerciali più virtuose, cioè meno invasive e più efficienti.

Call center molesti: le disposizioni dell'authority

Tutto ciò premesso, l'Autorità per la tutela della privacy, ai sensi degli articoli 143, comma 1, lettera b) e 154, comma 1, lettera c), del Codice, prescrive a tutti i titolari che determinano le modalità del trattamento dei dati personali dei destinatari di iniziative di carattere commerciale per mezzo del telefono l'adozione, direttamente ovvero per il tramite dei propri responsabili cui dovranno essere impartite adeguate istruzioni, di tutte le misure necessarie ed opportune, anche di carattere tecnico, atte a garantire che tale trattamento si svolga secondo modalità conformi ai principi di correttezza di cui all'articolo 11 del Codice.

Segnatamente, con specifico riguardo all'effettuazione di chiamate "mute":

  1. i call center, nel recepire nei propri sistemi interconnessi con la rete pubblica i codici che individuano gli esiti delle chiamate trasmessi dalle centrali pubbliche, devono individuare una classe all'interno della quale censire tutte e sole le chiamate "andate a buon fine"; questo insieme deve essere ulteriormente suddiviso in altre due sottocategorie: la prima, che è possibile denominare come "classe A", che identifica le chiamate "mute", ed in cui far confluire le telefonate che non abbiano ricevuto risposta dall'operatore del call center entro il tempo di 3 secondi, oltre il quale la chiamata dovrà essere "abbattuta" dal sistema; ritenuta congrua tale soglia in considerazione del fatto che il requisito di interattività di una conversazione telefonica è garantito fino al raggiungimento, appunto, del limite come indicato; la seconda sottocategoria, che è possibile denominare come "classe B", all'interno della quale far confluire tutte le residue tipologie di chiamate "andate a buon fine";
  2. la percentuale media di chiamate "mute" consentita (denominata P), calcolata secondo il rapporto matematico sussistente tra il numero di eventi appartenenti alla "classe A" (indicati con NA) e la somma di tali eventi e di quelli appartenenti alla "classe B" (indicati con NB), secondo la distinzione in classi introdotta al punto 1, deve essere in ogni caso non superiore al 3%. In termini concreti, la percentuale media consentita sarà calcolata sulla base del seguente rapporto:P = NA / (NA+NB). Tale percentuale deve inoltre essere misurata in relazione ad ogni singola campagna di telemarketing e comunque la misurazione, che decorre dall'inizio della campagna stessa, deve essere rinnovata al termine di un periodo temporale non superiore in ogni caso a 10 giorni; ritenuto congruo, tale periodo, anche all'esito di un opportuno bilanciamento di interessi tra le ragioni, già indicate, che impongono misurazioni in tempi non lunghi e quelle connesse all'operatività del call center. Con l'effetto che se la durata della campagna è superiore a 10 giorni, la misurazione sarà effettuata sui primi dieci giorni e successivamente reiterata ad ogni multiplo ovvero porzione di dieci giorni, fino al termine della campagna stessa;
  3. i titolari, agendo direttamente ovvero fornendo adeguate istruzioni ai propri responsabili, sono tenuti all'adozione di un accorgimento tecnico denominato comfort noise. Si tratta della trasmissione, da parte del call center all'utente chiamato, di una traccia audio preregistrata che riproduce un rumore ambientale sintetico. In pratica, per ogni chiamata andata a buon fine in relazione alla quale non sia disponibile un operatore del call center, il sistema di gestione delle chiamate deve garantire che il menzionato rumore di sottofondo prenda immediatamente - e cioè nel momento stesso in cui l'interessato solleva il ricevitore - il luogo dell'operatore stesso, attenuando così l'effetto chiamata "muta" e limitando l'inquietudine e l'allarme dell'interessato. Il comfort noise deve, infatti, essere congegnato in modo da dare la sensazione di provenire da un ambiente lavorativo (ad es. con voci di sottofondo, squilli di telefono, brusio etc.), di modo che l'utente chiamato, ancorché non messo in contatto con l'operatore, abbia comunque la sensazione che la telefonata ricevuta provenga da un call center e possa così escludere ogni ipotesi malevola sulle intenzioni dello sconosciuto chiamante;
  4. a seguito di una telefonata "muta", deve essere preclusa la possibilità di richiamare quella specifica utenza per un intervallo non inferiore a sette giorni, ritenuto congruo tale periodo anche perché commisurato sia al periodo (quindicinale) di utilizzabilità delle liste di dati provenienti dagli elenchi telefonici a seguito del riscontro presso il Registro pubblico delle opposizioni, sia alla durata media delle campagne di telemarketing, generalmente pari a 30-60 giorni, come stimata a seguito degli accertamenti dell'Autorità per la tutela della privacy. Inoltre il successivo riuso del numero deve avvenire in modo da assicurare il ricorso ad un sistema prioritario di instradamento della chiamata, tale che sia sempre garantita la presenza di un operatore disponibile prima che essa venga effettuata;
  5. i call center sono tenuti a conservare i report statistici delle percentuali di telefonate "mute" effettuate per ciascuna campagna, come determinate al punto 2), per un periodo non inferiore a due anni, sì da consentire gli eventuali controlli e riscontri ritenuti opportuni.

Call center e Autorità per la tutela della privacy: le conclusioni

L’uso massiccio delle “telefonate mute” ha assunto le sembianze di un vero e proprio caso sociale, tanto da spingere l'Autorità per la tutela della privacy a intervenire con la predisposizione di uno schema di regolamento finalizzato a circoscrivere il fenomeno ed evitare, in futuro, l’induzione nei destinatari di stati di ansia ed allarme.

Se si legge lo schema di provvedimento si scopre che il Garante si era già occupato del fenomeno, contro due aziende specifiche colpevoli di telefonate mute: Enel e Reitek.

È il provvedimento del Garante numero 474 del 6 dicembre 2011 con il quale l'Autorità ha prescritto a Enel Energia S.p.A. e Reitek S.p.A. l'adozione di una serie di misure per rendere, tra l'altro, le modalità del trattamento dei dati personali dei destinatari di iniziative di telemarketing conformi ai principî di correttezza e liceità, anche in relazione all'effettuazione di chiamate cosiddette mute.

Le due aziende si sono opposte, ma il Tribunale di Roma a settembre ha dato loro torto e ragione all'Autorità per la tutela della privacy.

Che quindi ha avuto la strada spianata per estendere l’azione, contro le telefonate mute, a tutto il settore.

26 Novembre 2013 · Giovanni Napoletano


Commenti e domande

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Una risposta a “Call center molesti » Intervento del garante della privacy”

  1. Ludmilla Karadzic ha detto:

    Chi tratta dati personali nell’attività di recupero crediti deve astenersi dal comunicare a soggetti estranei informazioni sulla posizione debitoria dell’interessato. Perciò attenzione ai solleciti preregistrati: una banca non può fare recupero crediti attraverso telefonate senza operatore e preregistrate, a meno che non sia in grado di garantire, con accorgimenti tecnici, che le comunicazioni giungano solo al destinatario o a persone autorizzate. Lo ha stabilito il Garante Privacy.

    L’Autorità è intervenuta in favore di un cittadino, titolare di un contratto di finanziamento con una banca, che aveva segnalato di aver ricevuto dall’istituto di credito telefonate preregistrate con solleciti di pagamento. Secondo l’interessato il sistema era lesivo della riservatezza e della dignità perché, anche involontariamente, le comunicazioni potevano essere ascoltate da persone che non avevano alcun diritto a conoscere informazioni sul finanziamento. Secondo la banca, invece, le comunicazioni erano solo messaggi di presentazione che davano al destinatario, previa identificazione, la possibilità di scegliere fra diverse opzioni che si potevano selezionare dalla tastiera.

    Il Garante ha però scoperto che il sistema usato dalla banca per il recupero crediti non garantiva affatto l’accertamento dell’identità di chi rispondeva alla chiamata, esponendo così l’interessato a una possibile violazione della riservatezza nel caso le informazioni venissero conosciute da altri. Il trattamento dei dati è stato dunque considerato illecito e vietato.

    Come si legge nell’odierna newsletter, il Garante ricorda che “chiunque effettui un trattamento di dati personali nell’ambito di un’attività di recupero crediti deve ‘astenersi dal comunicare ingiustificatamente a soggetti terzi (familiari, coabitanti, colleghi di lavoro o vicini di casa) rispetto al debitore informazioni relative alla condizione di inadempimento nella quale versa l’interessato’”. Se la banca vuole continuare a usare forme di comunicazioni automatiche, ha stabilito l’Autorità, deve adottare accorgimenti tecnici adeguati e basati su forme di autenticazione, come ad esempio l’uso del codice del contratto da digitare sull’apparecchio telefonico per poter ascoltare le comunicazioni preregistrate.

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