Banco dei pegni, la crisi è qui

Il signore col pizzetto vaga incerto sul marciapiede come uno che non trova il posto che sta cercando. Tiene una piccola borsa stretta tra le mani.

Arriva in fondo alla strada, poi ripassa e va oltre. Alla fine ritorna, si fa coraggio e varca l´ingresso sotto l´insegna che indica a tutti il banco dei pegni, in viale Certosa 94. Scompare oltre i vetri del metal detector e quando esce ha gli occhi bassi e la borsa più leggera. Anelli e bracciali non ci sono più.

Lontanissimo da lui, davanti alla Sala delle aste di via Monte di Pietà 5, un signore in giacca e cravatta fuma un grosso sigaro nero e sorride a tutti.

Per due ore ha visto scorrere sotto i suoi occhi 51 lotti di oggetti preziosi. Accendisigari. Collane. Orologi a cipolla. Pietre preziose, collane di perle, spille e diamanti. Ha vinto con altri due amici moltissimi lotti. Ha speso oltre 40 mila euro.

Storie lontanissime e vicine. Perché in viale Certosa c´è il silenzio di chi ha lasciato sul banco dei pegni frammenti di storia, ricordi, fotogrammi di vita. Che qualcuno si contenderà nelle aste in via Monte di Pietà. Sono giovani e anziani, coppie e famiglie, imprenditori e casalinghe. Sono almeno cento, ogni giorno, le persone che varcano la soglia del banco dei pegni. Sempre di più. Aumentati del 5% rispetto a un anno fa, quando in Lombardia il volume di presiti concessi era di circa 17 milioni di euro. Quest´anno ha superato i 18 milioni, la metà erogati a Milano, dove si concludono novemila operazioni sul totale di 29mila. «Perché - spiega Ivano Caldera, responsabile funzione Credito su Pegno - qui concludiamo operazioni non inferiori ai 250 euro, mentre nelle altre filiali il minimo è di cento euro. Un grammo d´oro vale da 3,30 a 3,50 euro. Per accedere al prestito è necessario portare almeno 70 grammi d´oro. Mentre le pietre preziose vengono stimate in base alla purezza, alla bellezza, alla dimensione».

Dalle 9 alle 13, davanti al banco dei pegni, i clienti si incrociano senza vedersi. Si riconoscono senza parlare. Accelerano il passo, camminano sfiorando il muro. Portano dentro le loro piccole e grandi sconfitte e le ultime speranze: orecchini, gioielli, collanine. Frammenti di storie. Anziani che non arrivano a fine mese. Imprenditori con le cambiali in scadenza. Casalinghe che giocano al lotto di nascosto dal marito. Coppie giovani. Tossicodipendenti che cercano liquidità. Extracomunitari che hanno perso il lavoro. I più non vogliono parlare. Molti dicono di essere qui per la prima volta. Una signora scende da una Toyota Rav4. Si nasconde dietro grossi occhiali neri e uno scialle rosso che le copre mezzo viso. Avanza senza incertezze, poi anche lei scompare. Un pensionato racconta: «Mi hanno sospeso la pensione. Facevo consegne per un mio amico». Un uomo dice di «comprare e vendere alimenti», agita la ricevuta bianca della polizza appena firmata e confessa: «Vado a pagare una cambiale». Se non paghi entro sei mesi il tuo debito, non rivedrai più le tue cose. Il tasso d´interesse è del 7%. Alla scadenza puoi pagarlo e prolungare il prestito. «Così un signore - racconta Caldera - ha fatto laureare il figlio. Poi è tornato e si è ripreso tutto». Il 5% degli oggetti non viene riscattato e finisce all´asta.

Lunedì scorso, nella Sala delle aste di via Monte di Pietà 5, l´ultima, con una cinquantina di persone. Quarantenni in cravatta, signore della Milano bene, anziani, due ragazzi trentenni, un asiatico e un giapponese. Ci sono molte calcolatrici e il brivido per l´affare possibile, l´adrenalina per la scommessa, la tensione per la posta in palio che diventa sempre più alta. Per la sala girano decine di oggetti d´oro. Dopo due ore sono stati venduti tutti. Il lotto 13 - collanina, catenina, due bracciali, ciondolo, orecchini e brillanti - parte da 1550 euro: viene aggiudicato a 2150. Una spilla con diamanti è valutata 1500 euro: arriva a 5100. Quasi tutto viene conquistato da un terzetto in fondo. Agli altri restano le briciole. Una donna vince un giro di perle: «Volevo farmi un regalino». Molti restano delusi: ci provano, ma a un certo punto devono arrendersi. Lo spettacolo vero inizia alla fine, con il lotto 23, il più ambito. Base d´asta di 18mila euro per un diamante ottagonale e un anello in oro con altri diamanti. Partono le offerte del solito gruppo in fondo, ma c´è un ragazzo, un gioielliere di trent´anni, che rilancia sempre. Colpo su colpo. Dal fronte opposto partono sguardi stizziti. Poi uno si alza. Va dal giovane e sussurra qualcosa nell´orecchio. Il ragazzo non si fa intimorire. Continua a fare offerte col dito mentre ascolta le parole dell´uomo. Non si ferma finché non vince. Gli anelli e i diamanti che qualcuno non ha riscattato al banco dei pegni finisce nelle sue mani per 24500 euro.

di SANDRO DE RICCARDIS

11 Agosto 2008 · Patrizio Oliva




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Una risposta a “Banco dei pegni, la crisi è qui”

  1. Simona Ravizza ha detto:

    Alla ricerca di un prestito per pagare il dentista e fare studiare i figli. Costretti a lasciare gioielli in garanzia anche per fare la spesa. In piedi davanti allo sportello con collane, braccialetti, orologi da collezione e perfino fedi matrimoniali.

    In fila al banco dei pegni per arrivare a fine mese. Immagini da film neorealista che diventano di nuovo realtà in una Milano 2007 in cui le famiglie tornano al Monte di Pietà. Di più. Oggi in Lombardia il carovita spinge almeno 20 mila persone in un anno (soprattutto milanesi) a rivolgersi al servizio credito su pegno della Banca regionale europea (nata nel ’95 in seguito alla fusione della Banca del Monte di Lombardia con la Cassa di risparmio di Cuneo).

    È un boom di richieste. Da gennaio ad aprile hanno impegnato gioielli in 6.200 persone contro le 5.445 dello spesso periodo 2002. In cinque anni, in pratica dall’introduzione dell’euro, la domanda è cresciuta del 14 per cento. Un balzo in avanti ancora più marcato a Milano, dove l’aumento dal 2002 è del 14,5 per cento.

    A Milano l’importo minimo del prestito è di 250 euro (nel resto della Lombardia è di 100). In media ne vengono chiesti 600. Ma c’è anche chi ha domandato 25 mila euro in un colpo solo. Al civico 94 di viale Certosa è un viavai continuo. Gli sportelli sono tre: uno per la cassa, due con i periti per la valutazione dei gioielli. È una processione di quindici-venti persone al giorno in cerca di soldi. Con dignità. Donne che arrivano in taxi, collana di perle al collo e borsa di marca in spalla. Giovani coppie che si tengono per mano, le bollette da pagare in tasca. Anziani costretti a chiedere aiuto in attesa di ritirare la pensione mensile. Scene d’altri tempi.

    In Ladri di biciclette di De Sica al Monte di pietà andava Antonio Ricci, operaio della estrema periferia romana, padre di famiglia, in difficoltà nel Dopoguerra. «Oggi si fanno avanti disoccupati – dicono in viale Certosa -, ma anche casalinghe e impiegati. Genitori che devono pagare le rette universitarie dei figli. Giovani che devono saldare il conto dal dentista. Professionisti che devono affrontare una spesa imprevista. Hanno preso il posto degli artigiani e dei commercianti, un tempo frequentatori del banco dei pegni per pagare le partite di merce».

    Oggetti d’oro e brillanti. Per un grammo d’oro vengono dati in prestito dai 3 ai 3 euro e 50. È sufficiente presentare la carta d’identità. È assicurata la privacy, garantita anche l’immediatezza del prestito. Il tasso d’interesse va dal 6,25 per cento al 7 per cento a semestre. Il che vuol dire che ogni 1.000 euro se ne pagano 70 di interessi. «Lo stipendio ha perso potere d’acquisto – osservano al banco dei pegni -. E così torna la fila agli sportelli. È gente qualunque sempre più in difficoltà. Il 90 per cento dei clienti alle fine riscatta i gioielli. Spesso dopo sei mesi. Ma il 10 per cento non si presenta più: e così gli ori finiscono all’asta».

    Giampaolo Fabris, docente di sociologia dei consumi allo Iulm, spiega: «Andare al Monte di pietà sembra una soluzione anacronistica. Ma è un sintomo della crisi. In linea – osserva il sociologo – con la “sindrome della quarta settimana”, ossia il calo dei consumi a fine mese quando le famiglie non hanno più soldi da spendere».

    Rincara la dose Angela Alberti, segretario generale di Adiconsum: «Il ritorno al banco dei pegni – dice – è un fenomeno che va di pari passo con l’aumento degli acquisti a rate e l’assalto dei milanesi alle bancarelle. La gente ha sempre meno denaro e cerca d’arrangiarsi come può. Spesso debiti e richiesta di prestiti sono fatti per fronteggiare situazioni di emergenza. Imprevisti che mandano in tilt il bilancio familiare. Purtroppo, però, ci sono famiglie che si indebitano per risolvere tout court una crisi di liquidità».

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