L’azione revocatoria e l’inefficacia dell’atto dispositivo del debitore fallito in comunione dei beni
Nei due anni precedenti la dichiarazione di fallimento sono automaticamente inefficaci nei confronti dei creditori, senza che sia necessaria la dichiarazione dell'autorità giudiziaria, gli atti a titolo gratuito finalizzati a trasferire a terzi la proprietà di un bene del debitore fallito.
La pronuncia di inefficacia ai sensi dell'articolo 64 della legge fallimentare non implica alcun effetto di restituzione in favore del debitore fallito, né alcun effetto traslativo in favore dei creditori.
Essa si limita a rendere il bene trasferito a terzi, a titolo non oneroso, assoggettabile all'azione esecutiva.
Nel caso in cui uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo alienato un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, la giurisprudenza ha stabilito che il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell’atto deve deve essere chiamato a partecipare in tutti i giudizi volti ad ottenere una pronuncia avente ad oggetto direttamente e immediatamente il diritto di proprietà. Non è necessaria, invece, la sua partecipazione in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide soltanto sulla validità ed efficacia del contratto.
Questa la decisione assunta dalla Corte di cassazione nella sentenza 20294/14.
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