Alcune simulazioni dimostrano che con la rinegoziazione prevista dall’accordo ABI-MEF si possono avere allungamenti anche di 18 anni e un aumento degli interessi da corrispondere anche del 70% – E ING DIRECT non aderisce!

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Oggi scade il termine ultimo per l’adesione, da parte delle banche, all'Accordo Abi-Governo sulla rinegoziazione dei mutui a tasso variabile. Tra le grandi banche, solo ING DIRECT non ha aderito alla Convenzione. I clienti hanno tre mesi di tempo per decidere se accogliere la proposta della banca

“Alcune simulazioni hanno dimostrato che si possono avere allungamenti anche di 18 anni e un aumento degli interessi da corrispondere anche del 70%. Non sempre questo aspetto è chiaro ai risparmiatori che potrebbero essere tratti in inganno dall'abbassamento mensile della rata e trovarsi a pagare complessivamente quote molto elevate di interessi.

Questo è uno dei motivi per i quali non aderiamo”.

Interpellato da Of, un portavoce di ING Direct spiega perché l’istituto di credito ha deciso di prendere le distanze dall'Accordo Abi-Governo sulla rinegoziazione dei mutui a tasso variabile. “La soluzione più conveniente per il cliente continua ad essere la surroga, anche se riteniamo che oggi i consumatori siano un po’ confusi da questo accordo ABI-Governo, in merito al quale ci sono alcune zone d’ombra”.

Non c’è solo ING. Anche Allianz Bank e alcuni istituti di credito minori non ha aderito alla Convenzione. Altre banche hanno deciso, per contro, di applicare condizioni migliorative rispetto a quanto originariamente stabilito dall'Accordo “quadro”. Ad esempio, applicando un tasso più basso al conto accessorio sul quale viene depositata la porzione di rata di cui viene posticipato il pagamento, per effetto della rinegoziazione (tra le altre: BPM, Banco di Desio, Banca Popolare di Roma, Banca Etruria, Veneto Banca). Alcuni istituti hanno invece esteso la possibilità di rinegoziare anche ai mutui a tasso misto (Banca Mediolanum, Banca Popolare di Sondrio, Popolare di Vicenza, Ubi Banca) o a quelli oggetto di operazioni di cartolarizzazione (Banca Sella, Banca Carige, Banca delle Marche, BPM, Intesa Sanpaolo, Barclays, MPS, Ubi Banca, Popolare di Vicenza, Banca Mediolanum, Veneto Banca, Unipol Banca e altre).

Secondo quanto previsto dalla Convenzione siglata lo scorso 21 maggio tra i vertici dell'Associazione Bancaria Italiana ed il Ministro dell'Economia, poi accolta nel disegno di legge di conversione del DL 93/08, definitivamente approvato dal Senato il 17 luglio scorso, le banche aderenti sarebbero invece tenute a rinegoziare esclusivamente i mutui prima casa a tasso variabile, accesi entro il 28 maggio scorso. Per i clienti che decideranno di accogliere la proposta della banca, la rata, a partire dal gennaio del 2009, verrà calcolata in funzione dei tassi medi vigenti nel 2006 (più bassi rispetto a quelli attuali di circa 1,5 punti percentuali, e rimarrà fissa per tutta la durata del finanziamento. L’intesa stabilisce, inoltre, che la differenza tra l’importo attuale della rata e quello scontato ai tassi medi del 2006 venga depositata su un conto finanziario accessorio, che vedrà maturare interessi passivi pari all'IRS 10 anni più uno spread massimo dello 0,50% (così calcolato, attualmente il tasso sarebbe del 5,24%).

Cosa c’è che non va nella soluzione proposta da Governo e Abi per contrastare l’aumento della rata nei mutui a tasso variabile? In questi mesi, molti analisti, compreso Of-Osservatorio finanziario, hanno espresso perplessità circa la reale convenienza della “rinegoziazione Tremonti”, ma proprio nel giorno in cui scade il temine ultimo per l’adesione da parte delle banche alla Convenzione Abi-Governo, per la prima volta, anche un istituto di credito rompe gli indugi: “Il passaggio dal tasso variabile alla rata costante, pur comportando una diminuzione della rata mensile, comporta un allungamento - anche significativo - della durata del mutuo e una maggiore quota di interessi complessivamente corrisposti”, ribadisce Ing Direct. D’altra parte, non dimentichiamo che, a fine maggio, anche Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, aveva espresso giudizi critici sull’Accordo: “Le banche avevano già iniziato a rinegoziare. Anche a condizioni migliori…”.

Alla fine Intesa ha però scelto di aderire alla Convenzione e, con essa, tutte le principali banche italiane: da Unicredit a Ubi Banca, da BNL al Banco Popolare, da Mediolanum a Mps, fino a BPM e Credem, passando per Poste Italiane (che offre il prodotto Mutuo BancoPosta in forza di un accordo con Deutsche Bank) ed una schiera numerosa di istituti di credito di medie e piccole dimensioni, comprese molte Bcc. La motivazione è quella dichiarata anche da Cariparma nell’ultimo comunicato, per mezzo del quale rende note le ragioni dell'adesione: “Per venire incontro alle esigenze della propria clientela e contribuire a proteggere il potere d’acquisto delle famiglie…”.

In realtà, la “rinegoziazione Tremonti” potrebbe rivelarsi una soluzione interessante soprattutto per chi oggi si trova con l’acqua alla gola a causa di una rata divenuta, con il passare del tempo, molto più pesante: i nove aumenti stabiliti dalla Banca Centrale Europea tra il dicembre del 2005 e lo scorso luglio, che hanno portato il costo del denaro dal 2 al 4,25%, hanno infatti reso la vita difficile a centinaia di famiglie italiane; quelle che, negli anni passati, si sono indebitate a tasso variabile (perché mal consigliate dalle banche) e, per questo, hanno dovuto fronteggiare un aumento della rata anche di 150 o 200 euro al mese. La situazione sembra destinata a peggiorare anche per i nuovi mutuatari se è vero che, secondo quanto risulta ad Of-Osservatorio finanziario, entro il mese di settembre, alcuni istituiti di credito interverranno sui tassi, aumentando gli spread applicati ai nuovi mutuatari.

Intanto, domani scade il termine fissato dalla Convenzione Abi-Tremonti entro cui le banche devono inviare ai propri clienti la lettera contenente i termini della rinegoziazione proposta. I clienti (sono oltre un milione secondo stime dell'ABI) hanno tre mesi di tempo per decidere se accoglierla, tenendo presente anche le altre possibilità disponibili. A partire dalla surroga “Bersani”.

di PierEmilio Gadda

da Osservatorio Finanziario News

29 Agosto 2008 · Piero Ciottoli


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2 risposte a “Alcune simulazioni dimostrano che con la rinegoziazione prevista dall’accordo ABI-MEF si possono avere allungamenti anche di 18 anni e un aumento degli interessi da corrispondere anche del 70% – E ING DIRECT non aderisce!”

  1. karalis ha detto:

    Perchè nessuno spiega come mai, malgrado una disposizione di legge vigente, alcuni istituti (quali Ingdirect) possono permettersi di rifiutare l’ adesione all’accordo Tremonti. E, soprattutto, in questo caso la legge ha una efficacia coercitiva oppure ci si deve rassegnare al capriccio dela banca che ne rifiuta l’ applicazione o la attua secondo criteri diversi da quelli indicati?

    Commento di carlo | Martedì, 16 Settembre 2008

    CONVENZIONE ABI MEF

    La legge stabilisce i meccanismi di calcolo del tasso fisso a media 2006 e il tasso massimo del conto accessorio su cui vanno a deposito gli importi differenziali fra tasso effettivo (variabile e stabilito da dinamiche di mercato) e tasso convenzionale (fisso e stabilito dal decreto Tremonti).

    L’adesione alla convenzione è invece libera.

  2. carlo ha detto:

    Perchè nessuno spiega come mai, malgrado una disposizione di legge vigente, alcuni istituti (quali Ingdirect) possono permettersi di rifiutare l’ adesione all’accordo Tremonti. E, soprattutto, in questo caso la legge ha una efficacia coercitiva oppure ci si deve rassegnare al capriccio dela banca che ne rifiuta l’ applicazione o la attua secondo criteri diversi da quelli indicati?

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