Accesso agli atti – ammissibile richiesta ostensione di atti relativi ad accertamento e riscossione

Accesso agli atti relativi ad accertamento e riscossione coattiva - la giurisprudenza

Il contribuente vanta un interesse concreto ed attuale all'ostensione di tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva (in tal senso, l’articolo 22, comma 1, lettera b) l. numero 241 del 1990).

La giurisprudenza ha chiarito che il divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall'articolo 24 l.

7 agosto 1990 numero 241, va inteso secondo una lettura costituzionalmente orientata, alla stregua della quale l'inaccessibilità agli atti in questione è temporalmente limitata alla sola fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo (in tal senso: Cons. Stato, IV, 11 febbraio 2011, numero 925; id., 13 gennaio 2010, numero 53).

Non si può, in particolare, affermare che l'interesse legato ad una richiesta di copia del ruolo integrale viene meno per essere stato notificato al contribuente un estratto del ruolo. Al contrario, è dal carattere di ‘estratto’ del documento posto a disposizione del contribuente che emerge l’interesse in capo a questi a disporre del documento integrale, al fine di verificare l’effettiva coincidenza fra le risultanze del ruolo integrale e quelle trasfuse nell’estratto.

Affermare il contrario (ossia, basare il diniego di accesso sull’asserita continenza del meno - l’estratto del ruolo - nel più - il ruolo integrale -) vale a consentire all'Amministrazione finanziaria e all'agente della riscossione di opporre un generalizzato quanto apodittico divieto di accesso, non consentendo in alcun modo al contribuente di fornire la prova contraria, la quale resterebbe comunque nell’esclusiva disponibilità dell'Amministrazione.

Per la stessa ragione, non può affermarsi che la circostanza per cui il ricorrente disponga comunque dell'estratto del ruolo nominativo, della cartella di pagamento e dell'avviso di ricevimento esaurisce il complesso dei documenti in relazione ai quali sussiste per il contribuente un interesse alla conoscenza finalizzato a contestare la pretesa impositiva.

Il ruolo nominativo costituisce certamente ‘atto amministrativo’ ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera d) l. numero 241 del 1990 (trattandosi di rappresentazione grafica ovvero elettromagnetica del contenuto di atti detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse).

Appare contraddittorio affermare l’impossibilità oggettiva a riprodurre in modo integrale il ruolo in quanto tale, a meno di non voler ammettere una sistematica violazione delle previsioni di cui all'articolo 2 del d.m. 3 settembre 1999, numero 231, secondo cui i ruoli (nella loro integralità) formati direttamente dall'ente creditore sono redatti, firmati e consegnati, mediante trasmissione telematica al CNC, ai competenti concessionari del servizio nazionale della riscossione.

Nemmeno si può ammettere la carenza di legittimazione passiva del concessionario della riscossione nell’ambito delle domande per l’accesso, il quale sarebbe consentito unicamente nei confronti del soggetto che ha formato il ruolo (l’Agenzia delle entrate). Al contrario, non si può negare che verso l’agente della riscossione la domanda di accesso possa certamente essere formulata, ai sensi dell'articolo 25, comma 2, l. numero 241 del 1990, secondo cui la domanda di accesso deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento ovvero (come nel caso in esame) nei confronti di quella che “lo detiene stabilmente”

Queste le conclusioni a cui è giuntO il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, nella sentenza numero 766 del 15 febbraio 2012. In pillole:

  1. Il ruolo nominativo costituisce certamente ‘atto amministrativo’ ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera d) l. numero 241 del 1990;
  2. verso l’agente della riscossione la domanda di accesso possa certamente essere formulata, ai sensi dell'articolo 25, comma 2, l. numero 241 del 1990, secondo cui la domanda di accesso deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento ovvero (come nel caso in esame) nei confronti di quella che “lo detiene stabilmente”;
  3. il contribuente vanta un interesse concreto ed attuale all'ostensione di tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, dalla cui conoscenza possano emergere vizi sostanziali procedimentali tali da palesare l’illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva.

Ancora su cartella esattoriale e accesso agli atti relativi alla riscossione - la posizione del TAR CALABRIA

Secondo la previsione dell'articolo 26, dpr 29 settembre 1973 numero 602, l’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notifica o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione. La normativa, comunque, non legittima sicuramente Equitalia a smarrire o distruggere le cartelle di pagamento prima di aver effettuato l’esecuzione, né individua una modalità di accesso ai documenti, ma disciplina il rapporto giuridico corrente tra l’agente della riscossione e il debitore, con specifico riferimento all'onere probatorio della pretesa di pagamento. Il che comporta che qualora sia ancora pendente l’esecuzione anche decorso il quinquennio dalla loro notifica l’accesso ai ripetuti atti non può essere negato, giacchè è solo sulla scorta degli stessi che può essere comprovata, con onere a carico dell'agente di riscossione, l’idoneità del titolo esecutivo e non opposto nei termini di legge a sorreggere validamente le pretese di cui trattasi ovvero a sorreggere validamente dinieghi di rilascio di certificazioni di regolarità fiscale.

Questo il principio, condivisibile e sensato, sancito dal Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria con la sentenza numero: 767 del 26 ottobre 2011. Lo stesso organo di giustizia amministrativa aveva stabilito, con sentenza numero 2597 del 07 ottobre 2010, che Equitalia è un gestore di servizio pubblico, in quanto tale tenuta a garantire il diritto di accesso ai sensi degli articolo 22 e seguenti, l. numero 241 del 1990.

Il debitore, quindi, ha il diritto di pretendere che Equitalia gli consenta l’accesso agli atti che lo riguardano, allo scopo di verificare la legittimità delle procedure per la formazione e la notifica della cartella esattoriale a lui destinata.

Accesso agli atti e silenzio rifiuto - Equitalia condannata dal TAR Lazio all'ostensione della documentazione richiesta

Con sentenza numero 2660 del 6 marzo 2013, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha accolto il ricorso proposto da un contribuente avverso il silenzio rifiuto opposto da Equitalia relativamente ad un’istanza di accesso agli atti finalizzata ad acquisire documentazione per l'esercizio del diritto di difesa in un contenzioso avente ad oggetto la verifica della legittimità di una iscrizione ipotecaria e la richiesta di risarcimento del danno, nonché in un processo penale, pendente in fase di appello, nei confronti del funzionario responsabile del procedimento.

Il ricorrente aveva richiesto di poter prendere visione ed ottenere copia di una serie di documenti. In particolare degli atti sottesi all'avvenuta iscrizione ipotecaria su di un immobile di sua proprietà e a quelli dai quali poter evincere i nomi dei responsabili del procedimento che a tale iscrizione ipotecaria aveva condotto.

Il Tar Lazio ha accolto il ricorso sottolineando in particolare come la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che, ai sensi dell'articolo 22 legge numero 241/90, il soggetto che detiene la documentazione oggetto di istanza di ostensione non deve delibare la fondatezza della pretesa sostanziale per la quale occorrono tali atti o sindacare sulla utilità effettiva di questi, in quanto il diritto d’accesso è conformato dalla legge per offrire al titolare, più che utilità finali (caratteristica, questa, ormai riconoscibile non solo ai diritti soggettivi, ma anche agli interessi legittimi), poteri autonomi di natura procedimentale volti ad implementare la tutela di un interesse (o bisogno) giuridicamente rilevante, per cui il limite di valutazione della Pubblica Amministrazione sulla sussistenza di un interesse concreto, attuale e differenziato all'accesso ai documenti, che è correlativamente pure il requisito di ammissibilità della relativa azione, si sostanzia solo nel giudizio estrinseco sull'esistenza di un legittimo bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, purché non preordinato ad un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque all'azione amministrativa, espressamente vietato dall'articolo 24 comma 3 legge numero 241/90 cit. (Cons. Stato, Sez. III, 7.8.12, numero 4530).

In pratica, il diritto di accesso agli atti è un diritto soggettivo e il giudice, laddove vi sia un interesse concreto, diretto e attuale del ricorrente, può ordinare l'ostensione richiesta sulla quale si sia formato il silenzio rifiuto.

14 Marzo 2012 · Ludmilla Karadzic


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